(ASI) Umbertide - Dopo il dolore e la costernazione di tutta la comunità altotiberina per la scomparsa di Gabriele Bartolini, Articolo 1 MDP di Umbertide, Città di Castello e San Giustino ritiene doverosa una riflessione sulle cause che hanno portato alla tragedia di un imprenditore che si è tolto la vita come estremo gesto di protesta verso un sistema spietato che stritola i soggetti deboli della catena produttiva e in cui vige una pura logica di mercato liberista.
La fotografia di quanto avvenuto ad Umbertide nella settimana scorsa è emblematica perché tratteggia tragicamente il travaglio di una figura imprenditoriale tipica della nostra regione. In un biglietto lasciato sulla scrivania si legge: “La banca non mi fa più credito e non so più come fare a pagare gli stipendi agli operai. Non ce la faccio più” Gabriele Bartolini si era fatto da solo, partendo come operaio metalmeccanico e a 60 anni era arrivato a costruire una realtà di tutto rispetto con le aziende Cobem, Sogepi, Gema, che davano lavoro a 135 operai molti dei quali stranieri. Piccole aziende specializzate nella produzione di componenti meccanici per auto e moto che lavorava per aziende importanti come la Maserati o, con sub appalti, per altri. Piccole aziende messe in ginocchio dalla crisi economica, dalla burocrazia e dall’avidità calcolata di chi approfitta delle situazioni. E’ dal 2008 che il sistema finanziario è collassato a causa di un eccessivo impiego di derivati e titoli spazzatura che poi le banche hanno appiccicato a privati o a Comuni anche dalle nostre parti. Basta pensare a Banca Etruria o a Monte dei Paschi, tanto per fare due esempi. Quando la bolla speculativa è scoppiata le banche hanno spalmato Sui clienti i propri debiti e i propri problemi sempre cercando di privilegiare i pesci grossi a svantaggio di quelli piccoli. Nel 2015 la crisi ha visto il Pil, crollare del 10%, la produzione industriale del 25% e una miriade di piccole imprese andare in sofferenza incapaci di far fronte ai debiti contratti. Le banche hanno chiesto il rientro immediato dei prestiti concessi ma il 22 % , uno su cinque, non era esigibile, era un “credito deteriorato”. Dopo diversi interventi della Bce in favore delle banche nel 2016 il governo ha stanziato 20 miliardi di euro per salvare le banche che hanno accettato di buon grado senza rendere il favore ai propri clienti spingendoli spesso al naufragio. In questa jungla in cui tutti sono contro tutti, è quasi fisiologico ma sempre vergognoso, che il pesce grosso mangi il più piccolo. Poi oltre al credito ci sono i problemi della produzione. I sub appalti, i sempre più frequenti i casi di clienti insolventi, di lavoro estorto a prezzi fuori dal mercato o addirittura sottocosto. I pagamenti delle fatture che passano da 30 a 60 quando non a 90 giorni. Tutte mazzate che ricadono pesantemente sulle piccole aziende impossibilitate a ricapitalizzare adeguatamente. Il ricatto è facile: o fai come dico io o chiudi, o mangi questa minestra o salti da questa finestra. A questi problemi di fondo si aggiungono quelli della burocrazia statale che grava pesantemente sulle aziende. Bollette varie, scadenze di agosto di Irpef, Irap, e, soprattutto Inps. Bartolini le ha provate tutte prima di arrendersi a questa miscela esplosiva. Oggi sono sempre di più gli esponenti del governo e della maggioranza che sostengono di aver invertito la tendenza dopo 10 anni di crisi. Prudentemente Gentiloni: “Oggi siamo in piccola parte fuori”. A voce alta il segretario del Pd Renzi:“L’Italia ha svoltato, l’economia sta ripartendo, l’occupazione cresce”. Invece non è vero. Il Jobs Act è una sciagura, tra gli occupati sono statisticamente considerati anche coloro che lavorano un giorno a settimana: ma si campa male con il salario di un giorno; si moltiplicano episodi di licenziamenti anche collettivi. La crisi economica non è per niente finita e torneranno a soffiare i venti di tempesta. Come Art.1 MDP invitiamo tutti ad avviare una riflessione sul mondo del lavoro che ci porti a individuare quegli strumenti utili a superare le crisi. Ognuno faccia la sua parte dal livello locale a quello generale. Occorre più comunicazione, più trasparenza su tutto quello che avviene nel mondo del lavoro. Solo con una diversa partecipazione collettiva si potrà evitare il ripetersi di eventi tragici come quello di Umbertide che coinvolge anche il destino di 135 lavoratori rimasti senza lavoro. Noi di Art. 1 vogliamo partecipare attivamente a questo dibattito fondamentale che porti più tutele nel mondo del lavoro e rimuova almeno alcune delle componenti esplosive che stanno falcidiando ingiustamente le nostre imprese". E' quanto dichiarato in una nota stampa di Art.1 MDP Altotevere.