bori (UNWEB) Il capogruppo del Partito democratico, Tommaso Bori esprime “solidarietà e vicinanza alla giovane madre di Assisi a cui starebbe per essere sottratto il proprio figlio a seguito di una sentenza basata sull'alienazione parentale, principio non riconosciuto dalla comunità medico scientifica”, ed in merito annuncia la presentazione di una mozione che impegni la Giunta regionale a “promuovere protocolli di intesa con le Istituzioni competenti in materia ed ogni iniziativa utile a scongiurare il ripetersi di casi come questi”.

“La Giustizia si fermi e si interroghi sul da farsi – scrive Bori in una nota -, prima che venga consumato questo grave abuso ai danni di un minore e della sua famiglia, sulla base di presupposti non scientifici che si rifanno ad una teoria priva di fondamento che si sta rivelando solo un ulteriore strumento di violenza contro le madri e prevaricazione delle donne. La giovane madre in questione – spiega -, che ha trovato la forza e il coraggio di denunciare le violenze subite dall’ex partner, è l’ennesima vittima della PAS (Sindrome di Alienazione Parentale), teoria che viene troppo spesso utilizzata durante i processi di separazione in cui sono stati presenti anche abusi sulla donna e sui figli”.

"Allo stato – osserva Bori -, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la PAS come sindrome o malattia: nella più recente edizione (DSM-5) non viene nemmeno menzionata, in ragione della sua ascientificità a causa della mancanza di dati a sostegno”.

“In risposta all'interpellanza alla Camera dei deputati in materia di ‘alienazione genitoriale’ il sottosegretario di Stato per la Salute, Adelfio Elio Cardinale, ha precisato che ‘in linea con la comunità scientifica internazionale, l'Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici’. La Suprema Corte di Cassazione italiana – aggiunge Bori - ha escluso la rilevanza processuale di tale sindrome, definendola priva di basi scientifiche. In un caso s'è pronunciata condannando un padre in sede penale per aver ‘volutamente e coscientemente messo in atto strategie e comportamenti tali da annullare nei bambini ogni possibilità di un rapporto con la madre’”.

“Quando la Giustizia arriva ad assumere la decisione, non certo facile, di strappare un figlio delle braccia di una madre già provata da violenze, e di trasferirlo in una casa famiglia perché egli si rifiuta di vedere il padre violento - sottolinea Bori - è segno evidente che è giunto il momento che la politica e le istituzioni si facciano carico di chiarire ciò che è alla base di queste dolorose vicende giudiziarie e si stringano intorno alle vittime."

“L’assurdo riconoscimento della Sindrome di Alienazione Parentale - conclude Bori - rischia di continuare a pregiudicare la vita di tanti bambini rimasti, loro malgrado, vittime di un sistema di regole che finisce per punire le donne e le madri che denunciano violenze, e i loro figli. Noi non possiamo che impegnarci per impedirlo”.


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