(UNWEB) Perugia. Il territorio dell'Umbria è costellato di tanti "cimiteri di posti di lavoro". Luoghi della produzione, siti industriali, capannoni, edifici, che una volta garantivano occupazione e reddito e che oggi invece sono dismessi, abbandonati e molte volte in stato di grave deperimento.
Il tutto con un duplice danno, quello economico e di lavoro perduto e quello ambientale, fatto di cemento e lamiere che sporcano il territorio. "Se l'Umbria vuole davvero candidarsi ad essere il cuore verde d'Italia nel 2022 non bastano slogan e spot pubblicitari - ha osservato oggi nel corso di una conferenza stampa di fine anno il segretario generale della Cgil di Perugia, Filippo Ciavaglia - Serve un cambiamento reale, prima di tutto nel modo, finora inadeguato, di affrontare la pandemia e poi con un progetto di sviluppo che tenga insieme davvero ambiente e lavoro. Da questo punto di vista come Cgil di Perugia lanciamo la proposta di una mappatura di tutti i siti industriali dismessi, per studiare una strategia di recupero, riutilizzo o bonifica, che potrebbe trasformare quei 'cimiteri di lavoro' in nuove opportunità di sviluppo sostenibile".
L'idea della mappatura, lanciata nel corso dell'ultima conferenza d'organizzazione della Camera del Lavoro, prende spunto anche da uno studio già effettuato dalla Regione Umbria nel 2012, ma poi rimasto nel cassetto. Già all'ora, nella sola provincia di Perugia, erano stati individuati 76 siti industriali dismessi, la stragrande maggioranza dei quali permane tutt'oggi nelle stesse condizioni. Nel corso dell'ultimo decennio poi all'elenco si sono aggiunti nuovi "cimiteri". Il monitoraggio effettuato dalla Cgil di Perugia, anche sulla base di censimenti effettuati nel corso degli ultimi anni dalle amministrazioni del territorio, conta 67 siti, concentrati in soli 12 comuni, alcuni dei quali già censiti nel 2012 dalla Regione, ma molti altri no, segno evidente di una crisi del sistema produttivo che non si è mai fermata e che il terremoto del 2016 ha ulteriormente appesantito. Tra i Comuni monitorati dalla Cgil quelli con il maggior numero di siti dismessi risultano essere Marsciano (15), Gualdo Tadino (15) e Corciano (12). Ma anche Comuni più piccoli (è il caso di Valtopina e di Piegaro ad esempio) hanno le loro ferite ancora aperte sul territorio.
"Il nostro impegno è quello di portare avanti questo lavoro di monitoraggio e mappatura - ha assicurato Ciavaglia - chiedendo anche il supporto della prefettura di Perugia e rendendoci disponibili ad una collaborazione per incrociare dati già esistenti con nuove verifiche. Il tutto con l'obiettivo di conoscere la situazione attuale per intervenire, in un'ottica di recupero e riutilizzo e quindi di possibile sviluppo senza ulteriore consumo di suolo. Serve insomma discontinuità rispetto alle politiche sin qui messe in campo - ha concluso Ciavaglia - e questo vale tanto sul piano delle politiche sanitarie, che stanno mostrando purtroppo tutta la loro inadeguatezza, quanto su quelle di sviluppo economico e produttivo. Il cuore verde può battere solo se si curano prima le sue tante ferite".