(UNWEB) «I 21 bambini nati con la tecnica dell’utero in affitto ed ora rinchiusi in un bunker di Kiev sono tre volte vittime: della maternità surrogata, della guerra e di coloro che sfruttano la vicenda per far propaganda alla GPA (gestazione per altri), così come la neolingua tenta di far passare per buona una pratica assurda, quanto aberrante, che fa mercato ed utile di impresa sul corpo delle donne», ha dichiarato Sara Reho del Gruppo Giovani del Popolo della Famiglia.
«Se danarosi committenti non avessero fatto creare con tanto di ordinativi decine e decine di persone, questi neonati e le donne partorienti non starebbero sotto le bombe e non si rischierebbe di perdere gli embrioni congelati. La maternità surrogata in Italia è vietata dalla Legge 40/2004 ed è sanzionabile, civilmente e penalmente, non solo chi realizza ed organizza questa pratica, ma anche chi la pubblicizza. I tentativi di rendere accettabile questa nuova forma di schiavitù vediamo che ritornano con straordinario tempismo».
«Le donne non sono animali da riproduzione e i bambini non sono oggetti da creare su commissione ed acquistare con tanto di contratto. Non si sfrutti la guerra per depenalizzare e regolamentare la maternità surrogata. Proprio come accadde in seguito alla tragedia di Seveso nel 1976, quando un’esplosione presso l’industria chimica dell’Icmesa causò una fuoriuscita di diossina nell’ambiente ed un immediato allarme per la salute. Un pressing mediatico e culturale promosse ed incentivò l’interruzione della gravidanza, quando in Italia non era ancora ammessa. Si parlò allora di aborto “eugenetico” e non “terapeutico” (non essendo in pericolo la salute madre, ma quella del bambino), come oggi si parla di eugenetica nella “gestazione per altri”, basta infatti leggere le clausole dei contratti in caso di malformazione del feto. Il Popolo della Famiglia vigilerà con attenzione gli sviluppi di questa triste vicenda per garantire i diritti sia dei bambini e sia delle donne», ha concluso Sara Reho, ritenendo che dietro queste vicende, come anche nelle guerre, si nasconde qualcosa di estremamente pericoloso per l’umanità.