Dieci anni. Tanto è durato l’esperimento del centrodestra umbro di governo. Il capoluogo prima. Poi a seguire tutta la regione (o quasi) fino alle percentuali bulgare delle elezioni regionali 2019. Nella giornata di ieri invece il disastro. Il centrodestra, dopo avere perso il capoluogo regionale pochi mesi prima, deve lasciare anche Palazzo Cesaroni.
L’Umbria è ritornata rossa, con poche città che verosimilmente seguiranno a ruota. Merito certamente delle brillanti campagne elettorali messe in campo dal Pd il quale, avvalendosi di professionisti della comunicazione quali Francesco Nicodemo, prima a Perugia, e poi nella Regione, ha recuperato punto su punto fino alla vittoria. E il centrodestra? Semplicemente non pervenuto.
Di fatto, per ammissione di alti esponenti del centrodestra quali l’assessore regionale uscente Michele Fioroni, o il segretario regionale della Lega Riccardo Augusto Marchetti, fino alla presidente uscente Donatella Tesei, “è mancata la comunicazione”. Ma come è stato possibile?
Il giorno successivo la traumatica sconfitta estiva di Perugia era stata promessa una “profonda riflessione”. Resta da comprendere cosa il centrodestra umbro intendesse in quel momento per “riflessione”. Se l’idea erano lotte intestine per la leadership, per l’ultima parola sui candidati, e per una replica delle medesime strategie della sconfitta perugina, l’obbiettivo è stato brillantemente raggiunto. Nel capoluogo a trazione Fratelli d’Italia, gli alti esponenti del partito quali Marco Squarta, Emanuele Prisco e Francesco Zaffini, avevano a suo tempo imposto la candidatura di Margherita Scoccia. La sconfitta della candidata in quota a Fratelli d’Italia nel capoluogo regionale deve essere stata evidentemente intesa quale sconfitta degli sponsor della Scoccia dal momento che la Lega si era invece imposta alle regionali con la ricandidatura di Donatella Tesei, anche a costo di una eventuale frattura dell’alleanza di centrodestra. Del resto, per dirla con le parole pronunciate ieri dal segretario regionale della Lega Marchetti “le squadre vincenti non si cambiano”. Forse non erano poi così vincenti.
Ma si sa che per una buona riflessione non è mai troppo tardi. “Siamo stati troppo chiusi nei palazzi a risolvere i problemi che ci aveva lasciato la sinistra” – spiega Marchetti. “L’informazione non ha collaborato. Del resto è noto che i comunicati con analisi benchmark e dati macro economici non fanno vendere copie di giornale quanto invece lo fanno altre cose” – ha aggiunto l’Assessore uscente Michele Fioroni, genio umbro del marketing e tecnico prestato alla politica. “Abbiamo avuto il Covid, la guerra in Ucraina e numerosi dossier scottanti da gestire e su cui concentrarci” – ha concluso la presidente uscente Donatella Tesei.
In pratica, andando con ordine, i problemi sarebbero stati un eccessivo carico di lavoro ereditato dalla precedente amministrazione, giornalisti ed informazione che non hanno collaborato (anzi) ed infine una congiuntura nazionale ed internazionale estremamente avversa.
Partendo dal carico di lavoro, va notato come uno dei campi più contesi sia stata la sanità. Eppure l’Assessore uscente preposto, Luca Coletto, ex Vice Presidente della Provincia di Verona, paracadutato in Umbria nel momento di massimo apogeo della Lega, non si è praticamente visto durante questa campagna elettorale. In realtà politicamente si poteva tranquillamente dire che fosse scomparso già dal 2023. Il suddetto ectoplasma politico di certo avrebbe potuto ben spiegare agli umbri il lavoro svolto dall’amministrazione uscente in materia di sanità. Dall’altra parte, nel campo del centrosinistra, tale pesante assenza evidentemente è stata subito notata, tanto da fare della sanità regionale il principale cavallo di battaglia della propria campagna elettorale. “Chi tace acconsente” recita un antico, ma sempre attuale detto della saggezza popolare.
Poi c’è la questione dell’informazione non “collaborativa”, quando non addirittura “schierata” per dare maggior spazio agli avversari (come riportato dall’assessore uscente Fioroni ai microfoni di Umbria Tv), che non avrebbe diffuso comunicati stampa e analisi macro economiche e di marketing. La sensazione è che, al di là della manifestazione di un forte mal di pancia dato da una sconfitta bruciante ed inattesa, sia stata forse quantomeno fraintesa la funzione del giornalista quale professionista dell’informazione. Questa deve essere libera, imparziale ed efficace. Peraltro l’informazione regionale si è dimostrata assai collaborativa e presente nel corso degli annidi governo regionale. Una semplice ricerca online basta per fugare ogni dubbio sulla disponibilità di spazio ampiamente riservato alla pubblicazione di dati e comunicati stampa. Prevedibilmente a livello nazionale lo stesso spazio non poteva essere concesso. Forse il centrodestra è stato quanto meno ingenuo a credere il contrario. Sarebbe stato possibile che negli studi Mediaset di Cologno Monzese a Milano, o negli studi della Rai a Roma potessero provare interesse per un’analisi benchmark proveniente dall’Umbria tanto da concedervi spazio nella scaletta di un telegiornale nazionale?
Covid. Guerra in Ucraina. Avverse congiunture nazionali ed internazionali infine sembra che non abbiano pesato altrettanto sull’altra regione al voto, l’Emilia Romagna. La regione era saldamente nelle mani del centrosinistra prima del Covid e nel momento di massimo apogeo della Lega. Lo è rimasta dopo la pandemia, durante la guerra in Ucraina ed infine, malgrado le recenti alluvioni che l’hanno colpita, ha comunque riconfermato la propria scelta di campo. Perché la ben più piccola Umbria, lillipuziana in confronto all’Emilia Romagna in fatto di Pil ed imprese (soprattutto di respiro internazionale), da quanto sopra invece ne avrebbe risentito al punto da essere una delle spade di Damocle che infine hanno portato gli umbri ad esprimersi per un cambiamento?
La sensazione è che l’esperimento iniziato nel 2014 con la vittoria di Andrea Romizi a Perugia sia più probabilmente giunto alla sua inevitabile conclusione. L’Umbria, diventata di centrodestra per “caso” come molti hanno sostenuto nel corso del tempo, avrebbe forse potuto rimanerci se non fosse stato che semplicemente, dopo i primi cinque anni di governo del capoluogo regionale, il significato di tale esperimento era già andato scemando ben prima che l’esecutivo regionale di Donatella Tesei venisse costituito. Già alle elezioni che cinque anni fa videro la riconferma del sindaco Andrea Romizi infatti era iniziata la crisi del centrodestra quale forza di governo. L’allora affermazione delle liste civiche a livello comunale, a sfavore dell’allora strapotere della Lega, che si era invece imposta nelle contemporanee elezioni europee, avrebbe dovuto portare alla riflessione che erano stati premiati i singoli candidati ed il sindaco uscente piuttosto che una struttura di partito. Di fatto il centrodestra umbro ha chiaramente dimostrato di non aver mai afferrato questo concetto. Al contrario, fino all’ultimo i singoli partiti del centro destra hanno cercato di proporsi come l’alfiere portabandiera di riferimento, emulando strutture e concezioni politiche dell’Umbria rossa profonda dei “vecchi tempi”. Per natura uno solo dei partiti di una coalizione può assurgere a tale funzione di alfiere della coalizione. Questo schema autodistruttivo ha inevitabilmente portato a momenti in cui le lotte intestine per “avere l’ultima parola” hanno assorbito le energie che avrebbero forse dovuto essere impiegate altrimenti (in una migliore “comunicazione” ad esempio).
Il resto l’hanno fatto sloganripetitivi e dal sapore demagogico del tipo “indietro non si torna”, che a molti sono parsi copia aggiornata e modificata di vecchi slogan del tipo “votate noi per non fare vincere i cattivoni di destra”. A questi slogan è stato in pratica demandato il compito di costituire il nerbo principale della comunicazione che chiaramente è stata sopraffatta dall’efficienza della macchina elettorale del centrosinistra. Pertanto l’innovativo esperimento del centrodestra di governo umbro non poteva che essere condannato a concludersi essendo venuta a mancare la componente principale: l’innovazione. Il centrodestra in Umbria quindi ritorna alla sua “naturale dimensione” di forza di opposizione, attendendo tempi migliori e, auspicabilmente, riflessioni migliori.
Cenusa Alexandru Rares