(ASI) Perugia- Adeguare la legge regionale sulla protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio e i regolamenti attuativi, rendendola coerente con il riordino delle funzioni tornate in capo alla Regione dopo la riforma delle Province, e allo stesso tempo procedere con la già programmata riforma degli Atc, gli Ambiti territoriali di caccia. È questo il programma di lavoro che oggi l’assessore regionale alla Caccia, Fernanda Cecchini, ha sottoposto all’attenzione della Consulta faunistico venatoria regionale, convocata per un primo confronto su obiettivi e tabella di marcia, in cui sono rappresentate associazioni del mondo venatorio, agricolo e ambientaliste.
“Da quanto emerge dai primi dati – ha sottolineato l’assessore – nel 2015 si è invertita la tendenza negativa ed è tornato a crescere in Umbria il numero dei cacciatori. A febbraio conosceremo le cifre esatte di un settore che nella nostra regione coinvolge migliaia e migliaia di persone e al quale ci rivolgiamo con attenzione, disciplinandolo e svolgendo le funzioni di programmazione nel rispetto della conservazione e ricostituzione del patrimonio faunistico, del riequilibrio ecologico e della salvaguardia delle produzioni agricole”.
“La prossima settimana – ha detto – verrà portato all’approvazione della Giunta regionale l’atto con cui si avvierà il percorso di revisione della legge regionale 14/1994, che assegna alle Province funzioni amministrative in materia di caccia e protezione della fauna ora riacquisite dalla Regione, aggiornandola anche alla luce dello stato e dei bisogni attuali del settore, e contestualmente di revisione dei regolamenti attuativi e degli Ambiti territoriali di caccia. Per questi ultimi, che amministrano risorse pubbliche, anche in considerazione della complessità delle attività accresciute nel tempo, pensiamo a un’unica ‘governance’ per gli acquisti e la gestione del bilancio. Gli uffici regionali stanno lavorando anche un rafforzamento dei centri di riproduzione della selvaggina di Torre Certalda e San Vito”.
“Un percorso di riforma complessiva – ha rilevato – che intendiamo portare a compimento entro la prima metà dell’anno e in cui la Consulta venatoria può svolgere un ruolo importante. Per questo è intenzione della Regione convocarla periodicamente per l’esame delle proposte di modifica, ma auspichiamo che il confronto avvenga anche fra le stesse associazioni venatorie affinché possano formulare proposte e suggerimenti il più possibile condivisi”.
Circa il passaggio di competenze dalle Province alla Regione “siamo nella fase di transizione, ma sono quasi completate le operazioni legate al trasferimento del personale e dal prossimo mese di febbraio tutte le attività saranno svolte nei tempi e nei modi previsti”.
L’assessore ha inoltre reso noto che, vista la necessità di dover procedere al riordino della materia, sono stati intanto prorogati al 31 dicembre 2016 i termini di scadenza delle concessioni delle Aziende faunistico venatorie e delle Aziende agrituristico venatorie, mentre per le nuove richieste di concessione la validità sarà fino all’approvazione del nuovo Piano faunistico venatorio regionale.
La Consulta regionale ha esaminato anche la situazione che si è venuta a creare con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui alla Regione Umbria e ad altre Regioni è stato chiesto di modificare il termine previsto per la chiusura della caccia alle specie cesena, beccaccia e tordo bottaccio anticipandolo dal 31 al 20 gennaio. “La Regione Umbria – ha ribadito l’assessore – ha deciso anche stavolta, come abbiamo fatto per la passata stagione venatoria, di non modificare il proprio calendario venatorio e la decisione definitiva sarà presa quindi con decreto del Governo. Lo abbiamo fatto per principio – ha specificato – e ribadiremo al tavolo nazionale le posizioni già espresse ripetutamente: al Governo chiediamo di attivarsi in sede europea per una effettiva uniformità di applicazione dei provvedimenti in materia, almeno rispetto a quei Paesi come Spagna, Francia e Grecia con caratteristiche simili al nostro per ecosistemi e clima e dove la caccia alle tre specie oggetto di diffida in Italia è consentita anche oltre il 31 gennaio”.
“La Regione – ha proseguito – ha fornito la piena collaborazione e ha messo a disposizione anche tutti i risultati del lavoro svolto dall’Osservatorio faunistico regionale. Dati che non sono stati tenuti in considerazione, invece, dall’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale di supporto al Ministero dell’Ambiente e che dovrebbe essere maggiormente in sintonia con le Regioni. Rivendichiamo la necessità di un’impostazione nazionale più certa nelle politiche venatorie, affinché non si ripeta in futuro quanto sta accadendo dal 2015”.