(ASI-UNWEB) Perugia - La priorità di Carlo Mazzone, non appena firmato un nuovo contratto era quello di convocare i cosiddetti fedelissimi, calciatori che gli permettevano di realizzare il gioco che lui aveva sempre perseguito.
Ovviamente oltre alle qualità tecniche e umane il vantaggio che questa politica era quello che sorprese non potevano esserci. Si andava sul sicuro ( Bisoli, Petruzzi, Calori, Moriero) e a trarne vantaggio erano in egual misura calciatore e allenatore. Tra i gettonati c'era anche Andrea Sussi, terzino che ha seguito il maestro il largo e in largo. È transitato anche da Perugia quando Calori realizzò lo storico goal togliendo lo scudetto alla Juventus. Classe 1973, Sussi vive da sempre ad Arezzo e dopo alcune esperienze nel calcio professionistico si é dedicato al calcio giovanile e in quello dilettanti. Quest'anno ha condotto alla salvezza il Torrita nel campionato di promozione della Toscana, in coppia con un altro perugino, Matteo Porcari, ex direttore sportivo di Orvietana, Sanbenedettese e Cannara, con una esperienza anche nel settore giovanile ai tempi del Perugia in serie di C2."
" Quando mi sono incontrato la prima volta con Andrea è scattata come una scintilla, la convinzione che era l'uomo giusto per portare il Torrita alla salvezza. Non stato facile e adesso è giusto riconoscere a ciascuno i propri meriti. Andrea potrebbe allenare in categorie superiori ma ha fatto una scelta di vita rilevando l'azienda di famiglia che si occupa della lavorazione del marmo e in aggiunta si diverte a far crescere i giovan". Porcari aveva fatto un patto con se stesso e chi lo conosce bene sa che dopo la retrocessione con il Cannara era in cerca di un riscatto e non si è certo preoccupato di affrontare i tanti sacrifici nello spostarsi da Perugia a Torrita. "Avevo capito che era necessario cambiare aria, allontanarmi da casa per ritrovare entusiasmo e motivazioni e Andrea in questo mi ha favorito assieme ovviamente alla fiducia che mi è stata accordata dal presidente Goracci e dal dirigente Mele.Sussi ha portato una visione più ampia del lavoro e dell'organizzazione perché il suo passato parla chiaro : quasi 100 partite in serie A e una carriera lunga lunghissima con quel grande maestro che è stato Mazzone, che gli ha insegnato tecnica calcistica e comportamentale ".
Mazzone e Sussi si incrociarono per la prima volta ad Ascoli e da allora praticamente non si sono più lasciati. " Di soddisfazioni me ne sono tolte tante, dovunque sia andato mi sono trovato bene : a Cagliari come a Bologna come a Brescia come a Perugia. A Perugia per la verità ci sono state anche i momenti bui la serie C ai tempi di Benedetti e Cari come allenatori. mOvviamente la colpa non era la loro ma un pò di tutta l'ambiente, depresso dopo la retrocessione. Quando finiva l'allenamento vista la vicinanza con Arezzo non ho mai preso un appartamento in affitto, convinto che questa fosse la soluzione migliore". Ma le delusioni peggiori sono arrivate una volta chiusa la carriera. Si sarebbe aspettato un minimo di riconoscenza da società dove era transitato ma ha visto solo tante porte chiuse. L'unico che ha provato a dargli una mano è stato Mazzone, al quale porta riconoscenza imperitura : " Ho voluto iniziare dal settore giovanile dell' Arezzo e dedicandomi a insegnare ai ragazzini. Poche squadre hanno ottenuto risultati importanti come le mie anche a livello nazionale ma non sono riuscito a portare qualche osservatore importante a vedere il mio lavoro, i miei giovani. Questa è stata una grave limite e cosi ho dovuto ridimensionare tutti i miei piani".
Una nostalgia contenuta, una amarezza che si coglie tra le righe dopo una vita nel calcio dorato che non sarà stato quello di oggi, ma godeva pure di privilegi e gratificazioni.stadi pieni di entusiasmo, notorietà da gestire, ingaggi non certo paragonabili a quelli di oggi ma certamente tali da permettere investimenti importanti. È che all'improvviso ti trovi con le mosche in mano perché cerchi una soluzione e le porte sono tutte chiuse: mi avevano detto che inserirsi nel mondo del calcio sarebbe stato difficile ma non pensavo di non riuscire ad avere un confronto neppure con dirigenti che avevo frequentato per una vita. Ho provato per due o tre anni ad accontentandomi anche dei ruoli marginali ma c'è stato poco da fare e così ho cambiato strada mi occupo dell'azienda che è stata di mio suocero e lavoro con giovanili e dilettanti. Ho accettato il Torrita perché ho voluto verificare se ho disimparato la filosofia che mi ha trasmesso Carlo Mazzone perché quella va bene in ogni categoria, in ogni spogliatoio. Quando sono arrivato la squadra era giù di morale e mi sono ricordato la tecnica del mio maestro e credo di esserci riuscito. Adesso consegno ai tifosi una salvezza che non era scontata. Con Porcari vedremo nei prossimi giorni quale sarà il nostro futuro, certo è che abbiamo sofferto fino all'ultimo e adesso calici in alto".
Mario Mariano