(ASI) Nessuna pretesa tecnica o scientifica, ovviamente. Con questa riflessione, giocoforza sintetica e superficiale, UNW ospita semplicemente un'idea, una proposta. Gettiamo un sasso nello stagno per contribuire al dibattito politico locale e regionale su temi prioritari quali l'efficientamento della pubblica amministrazione, la riqualificazione sostenibile dei territori, la modernizzazione infrastrutturale, la digitalizzazione e la promozione turistica.
In questo nuovo secolo sarà sempre più decisivo riorganizzare città, province e regioni, seguendo criteri di funzionalità, ragionando cioè sulla base delle specifiche interazioni tra aree urbane, operatori economici e abitudini di consumo. Restare ancorati a posizioni anacronistiche, fondate sulla conservazione di vecchi equilibri di potere ormai logori, non sarebbe soltanto inutile ma anche fatale per il futuro dei nostri territori.
(ASI) Ormai da decenni, il dibattito sulla riforma degli enti locali occupa periodicamente le agende dei governi e dei partiti. L'ultimo grande cambiamento risale a vent'anni fa, con la modifica del Titolo V della Costituzione apportata dalla Legge costituzionale 3/2001, che ha ristabilito la suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni. Prendendo le mosse da questa, la Legge 56/2014, la cosiddetta Legge Delrio, ha trasformato le Province in enti di secondo grado, ovvero dotandole di organi di governo, un Presidente e di un Consiglio, eletti non più a suffragio universale bensì dai Sindaci e dai Consiglieri dei Comuni.
Più in generale, la Legge 56/2014, attraverso le Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, ha definitivamente normato gli enti territoriali di area vasta. Tra questi, quasi tutte le province già esistenti hanno dunque rivisto assetto e regole di composizione degli organi interni, mentre dieci, individuate dal Parlamento, e quattro, sin qui individuate dalle Assemblee di due Regioni a Statuto Speciale, sono state trasformate in città metropolitane. Si tratta di Roma, Milano, Torino, Genova, Venezia, Firenze, Bologna, Napoli, Bari e Reggio Calabria, cui si sono aggiunte, su decisione regionale, Cagliari, Palermo, Catania e Messina.
Cosa sono le città metropolitane? Per la Legge italiana sono enti territoriali di area vasta con funzioni e finalità precise.
Le prime, in sintesi, riguardano l'adozione e l'aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, la pianificazione territoriale generale (strutture di comunicazione, reti di servizi e di infrastrutture di competenza della comunità metropolitana), la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, la mobilità e la viabilità, la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico, sociale e digitale.
Le seconde coinvolgono la cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano, la promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana, la cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.
Se nella gran parte dei casi il territorio delle città metropolitane coincide con quelle delle precedenti province omonime, in Sardegna l'istituzione della Città Metropolitana di Cagliari ha rivoluzionato l'assetto territoriale della vecchia provincia del capoluogo sardo, semplificando le cose dopo anni di confuse riforme regionali che avevano inutilmente moltiplicato gli enti locali.
Quattro anni fa, Cagliari (150.000 abitanti) ed altri sedici comuni geograficamente più vicini e maggiormente connessi al capoluogo hanno dato vita ad una nuova area metropolitana, mentre i comuni della vecchia provincia territorialmente più lontani dal capoluogo sono andati a formare la nuova Provincia del Sud Sardegna, assieme ai comuni del Medio Campidano e di Carbonia-Iglesias. Attualmente, con i suoi soli 17 comuni, la Città Metropolitana di Cagliari costituisce un'area metropolitana di 1.248 km² e 420.000 abitanti, dotata di un aeroporto, quello di Cagliari-Elmas, vitale per gli interessi turistici e commerciali della parte meridionale della regione, ben connesso con la città capoluogo.
Cominciare a muoversi
Sebbene l'Umbria non goda delle stesse autonomie di una regione a statuto speciale e malgrado la morfologia prevalentemente collinare abbia costretto molti territori ad un'urbanizzazione frastagliata e discontinua, è opportuno che a Perugia si cominci a lavorare attorno ad un'ipotesi analoga, anche seguendo l'esempio di Ancona, che sette anni fa ha presentato un piano per l'individuazione di un'area vasta metropolitana del Medio Adriatico. Lo studio realizzato dal Comune di Ancona per l'individuazione e la realizzazione dell'Area Metropolitana del Medio Adriatico (AMMA) aveva l'obiettivo, tra gli altri, di "identificare nella Piattaforma Strategica Nazionale Ancona Civitavecchia lo scenario strategico di riferimento e riconoscere al territorio-snodo Ancona-Falconara-Jesi il ruolo di caposaldo".
Nella dinamica, ancora attardata ma già messa in moto, dello sviluppo delle direttrici Est-Ovest (corridoi Torino-Trieste, Roma-Ancona, Roma-Pescara e Napoli-Bari), inserite nel Recovery Plan (PNRR) che il Governo Draghi dovrà definire e presentare all'UE entro il prossimo aprile, Perugia può e deve provare a valorizzare la sua posizione centrale, equidistante tra i litorali tirrenico e adriatico, trasformando in un punto di forza logistico ciò che per tanto tempo ha rappresentanto uno svantaggio.
La dispersività di una provincia troppo estesa ed eccessivamente policentrica, preda di veti incrociati, particolarismi locali e campanilismi fuori dal tempo, impone un passaggio nuovo per l'Umbria e per Perugia in particolare.
Secondo la ripartizione attuale, il comprensorio perugino propriamente detto si articola in quattro comuni, a partire da quello del capoluogo, dominante coi suoi 165.000 abitanti, per comprendere poi tre comuni contermini: Corciano (21.000), Deruta (9.600) e Torgiano (6.500). Tuttavia, i comuni confinanti con il capoluogo sono di più, pur appartenendo ad altri comprensori: Gubbio (31.400) e Valfabbrica (3.300) nell'Alto Chiascio; Assisi (28.400) e Bastia Umbra (21.800) nell'Assisiate; Marsciano (18.500) nel Medio Tevere; Magione (14.900), Panicale (5.500) e Piegaro (3.500) nel Trasimeno; Umbertide (16.500) nell'Alto Tevere.
Per estensione, dunque, anche Città di Castello (39.300) e gli altri comuni dell'Alto Tevere (San Giustino, Citerna e Monte Santa Maria Tiberina), i restanti comuni dell'Unione del Trasimeno (Castiglione del Lago, Passignano, Tuoro, Città della Pieve e Paciano), Todi (16.300) e quelli della fascia appenninica nord-orientale (Pietralunga, Sigillo, Costacciaro, Fossato di Vico e Gualdo Tadino), rientrano a pieno titolo nella rete di territori che interagiscono costantemente con il capoluogo per motivi di lavoro, studio, trasporto o svago.
Ne emerge complessivamente un'area vasta di circa 465.000 abitanti (contro i circa 645.000 dell'attuale provincia) che, per ragioni storiche, geografiche o infrastrutturali, hanno connessioni e particolari relazioni economiche e sociali con Perugia più di altri comprensori della provincia, come il Folignate, lo Spoletino e la Valnerina, che potrebbero così optare per il cambio di provincia, passando sotto quella di Terni, oppure, vista anche la stretta correlazione tra i loro territori, creare un terzo soggetto provinciale che possa meglio concentrare le risorse nella valorizzazione di una delle più belle e caratteristiche aree appenniniche del nostro Paese.
Tale suddivisione è per altro già contemplata dal sistema regionale sanitario, con la USL Umbria 1 che è competente sui comuni dell'attuale Provincia di Perugia ad esclusione dei territori del Folignate, dello Spoletino e della Valnerina, che ricadono invece sotto la USL Umbria 2, insieme a tutti i comuni della Provincia di Terni.
Con un ente di area metropolitana simile, che potremmo ridefinire della Media Etruria (AMME), recuperando l'etnonimo che caratterizzava nell'antichità gran parte di questa porzione dell'odierna Umbria, sarebbe possibile valorizzare una catena di territori che guardano, da un lato, proprio a quell'area del Medio Adriatico di cui Ancona è capofila e, dall'altro, al versante tirrenico in ben due direzioni: verso la Toscana, dove è in attesa il completamento dei lavori per la E78 Grosseto-Fano, che si innesta nella porzione settentrionale dell'Umbria all'altezza di San Giustino; e verso il Lazio, dove si attende la ripresa dei lavori per il completamento della superstrada Orte-Civitavecchia, che connetterebbe Ancona e Perugia, tramite la SS318 e la SS3bis, direttamente al porto capitolino evitando l'ingresso a Roma.
Punti di forza
L'area metropolitana proposta è già servita da un aeroporto internazionale (Sant'Egidio), posizionato tra Perugia e Assisi, un raccordo autostradale (RA6 Perugia-Bettolle), tre strade statali a quattro corsie (SS3bis Orte-Ravenna, SS75 Perugia-Foligno, SS78 Perugia-Ancona), una piattaforma logistica di 130.000 m2 in fase di lancio (Altotevere), tre linee ferroviarie (Foligno-Terontola, LL Firenze-Roma ed ex-FCU) da aggiornare, velocizzare e possibilmente connettere tra loro con opportune varianti.
Fatturati alla mano, si tratta inoltre dell'area economicamente più importante dell'Umbria, col distretto tessile/abbigliamento di Perugia-Corciano, l'edilizia di Perugia-Gubbio, la logistica e la GDO di Perugia-Corciano-Trasimeno, la meccanica di Perugia-Alto Chiascio-Torgiano, l'agroalimentare di Bastia-Assisi, il vitivinicolo di Torgiano-Bettona, la ceramica di Deruta, il mobile dell'Altotevere ed altri ancora, oltre al principale spazio fieristico-congressuale dell'Umbria (Bastia Umbra), ad un flusso turistico superiore al 70% del totale regionale.
Sul fronte della formazione e della ricerca, inoltre, l'area è già sede di due importanti poli universitari, cioè l'Università degli Studi di Perugia (1308), tra le più antiche d'Europa, e l'Università per Stranieri di Perugia (1925), cui si aggiunge il Polo Ospedaliero di Perugia, connesso alla Facoltà di Medicina. Il capoluogo ospita inoltre l'Accademia di Belle Arti "Pietro Vannucci" (1573), la seconda più antica d'Italia dopo quella di Firenze, e due istituti di design (IID e NID).
Redazione - UmbriaNotizieWeb.it