DSC 0063 L’arcivescovo Boccardo: «Senza i Santi che hanno reso l’Umbria bella e famosa, cosa saremmo diventati? Quello che purtroppo stiamo diventando: uomini e donne sradicati, apparentemente forti e invece fragilissimi, incapaci di distinguere il giorno dalla notte, il vero dal falso, il bene dal male».

(UMWEB) Norcia. Il Presule sul terremoto: «Si sopravvive, certo, ma si tratta di una sopravvivenza segnata da un’amara sterilità e continuamente minacciata e ferita dal peso invincibile delle burocrazie e - Dio non voglia - da grossi giochi di potere e di interesse realizzati sulle spalle della gente».

Mercoledì 21 marzo Norcia si è stretta intorno al proprio patrono S. Benedetto. Alle 10.30 l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto il solenne pontificale in onore del Santo patrono d’Europa, preceduto dal tradizionale corteo storico (le rappresentanze delle sei guaite, gli attuali rioni della città, che offrono un cero in onore del Santo: Porta Meggiana, Porta Massari, Porta Orientale, Porta Palatina, Porta Valledonna e Porta Narenula), cui quest’anno si è aggiunta una rappresentanza del corteo storico “Perugia 1416”. Per il secondo anno la liturgia si è svolta in Piazza S. Benedetto dinanzi alla facciata della Basilica crollata a seguito del terremoto del 30 ottobre 2016. Molti i fedeli presenti, diversi i sacerdoti diocesani e religiosi giunti nel centro di Norcia, su tutti i monaci benedettini, numerose le autorità civili e militari ad iniziare dal Prefetto di Perugia Raffaele Cannizzaro, dal Questore di Perugia Giuseppe Bisogno, dal presidente della Giunta regionale dell’Umbria Catiuscia Marini, dal sindaco di Norcia Nicola Alemanno.

La sera prima, il 20 marzo, è arrivata a Norcia la “Fiaccola benedettina pro pace et Europa una” accesa il 24 febbraio, benedetta da papa Francesco il 7 marzo. Questo luce, che ha l’obiettivo di ricordare all’Europa le proprie radici cristiane, gire le capitali europee dal 1964, anno della proclamazione da parte di Paolo VI di S. Benedetto a patrono del Vecchio Continente. Quest’anno è stata a Berlino, in Germania, ed è rientrata a Norcia la sera del 20 marzo: le tre comunità della Terra Sancti Benedicti (Norcia, Subiaco e Cassino) hanno ricordato con quanti si sono relazionate in terra tedesca che S. Benedetto è, come lo definì Paolo VI nella Pacis nuntius, messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà e, soprattutto, araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente.

Nell’omelia l’arcivescovo di Spoleto-Norcia ha sottolineato come le disposizioni di S. Benedetto contenute nella Regola non pretendono l’impossibile, sono realistiche, tengono conto dei limiti umani, sono attualissime, con indicazioni preziose anche per i politici di oggi e per la loro azione di governo: «L’indole comunitaria del monastero benedettino – ha detto mons. Boccardo - ha favorito nella popolazione lo sviluppo di precise caratteristiche umane e sociali: l’aiuto fraterno, l’accoglienza e l’ospitalità ai viaggiatori, l’attenzione ai poveri di ogni tipo, sono tra gli elementi della Regola di Benedetto che in Italia come altrove si tradussero in cultura popolare. Infatti, tra queste nostre contrade è nato il pensiero che ha fatto grande la civiltà europea. Senza Benedetto, senza Francesco, che Europa sarebbe? Senza i Santi che hanno reso l’Umbria bella e famosa, cosa saremmo diventati? Quello che purtroppo stiamo diventando: uomini e donne sradicati, apparentemente forti e invece fragilissimi, incapaci di distinguere il giorno dalla notte, il vero dal falso, il bene dal male. Ma se tutto è interscambiabile, non siamo mai costretti a scegliere. E un essere umano che rinuncia alla quotidiana necessità di compiere una scelta che determini e qualifichi il suo cammino continua a regredire in umanità».

Nelle parole del Presidente della Conferenza episcopale umbra non poteva mancare un cenno al terremoto che ha distrutto la Valnerina nel 2016: «Il sisma non solo ha provocato gravi danni al patrimonio artistico e ambientale, ma ha creato anche una cesura tra il passato e il futuro. Si sono persi i punti di riferimento, non si riconoscono più i luoghi familiari dove si è vissuti: è qualcosa che dagli occhi passa al cuore e si trasmette al cervello; è come l’Alzheimer di una comunità. Perché il terremoto - attraverso le ferite prodotte al paesaggio, agli edifici pubblici e privati, alle opere d’arte - ha ferito il cuore e la mente delle persone, ha reciso di colpo le radici: quello che si credeva solido è crollato, quello che credevamo nostro non esiste più. Si sopravvive, certo, ma si tratta di una sopravvivenza segnata da una amara sterilità e continuamente minacciata e ferita dal peso invincibile delle burocrazie e - Dio non voglia - da grossi giochi di potere e di interesse realizzati sulle spalle della gente. L’annuale celebrazione di San Benedetto ci aiuti dunque a rinnovare – ha concluso mons. Boccardo - un patto sociale e civile, a riscoprire le buone ragioni dello stare insieme, a resistere alla tentazione dello scoraggiamento e della delusione, a non lasciarci abbattere dal moltiplicarsi dei segni di logoramento, visibili anche quando lo spazio pubblico si configura come palestra di scontro con l’avversario e non di proposizione di idee, come abbiamo dovuto tristemente constatare nelle ultime settimane sul palcoscenico italiano».

Al termine della Messa c’è stata la processione con la reliquia di S. Benedetto per le vie di Norcia.

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