Card GBassetti2(ASI) Nel suo ultimo editoriale pubblicato da «L'Osservatore Romano» di sabato 7 marzo, con il titolo "Per servire il popolo di Dio", il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti offre una significativa riflessione sulla centralità del "rapporto tra il vescovo e i preti".

Il porporato, partendo da una citazione di un'omelia del cardinale Giovanni Benelli - una grande figura di diplomatico della Santa Sede, Sostituto agli Affari Generali per la Segreteria di Stato tra il 1967 e il 1977, e da arcivescovo di Firenze, tra il 1977 e il 1982, uno dei maestri del giovane Bassetti - sfata il luogo comune della "contrapposizione" tra il vescovo e il sacerdote, e sostiene, invece, la strettissima comunione tra l'episcopo e il prete. Anche se gerarchica - con il vescovo, che è successore degli Apostoli - alla base di questo rapporto fondamentale per la vita della Chiesa c'è sempre una feconda comunione. Una comunione che ha un solo obiettivo: servire il popolo di Dio.

Ma leggiamo cosa scrive al riguardo l'arcivescovo perugino, il cui articolo integrale è consultabile, da venerdì 6 marzo, sul sito: www.osservatoreromano.va .

«Le cronache raccontano non di rado storie di preti dissidenti e disobbedienti verso l'autorità religiosa, principalmente verso il proprio vescovo. Ci sono certo molti luoghi comuni che hanno prodotto, nel tempo, immagini stereotipate di largo consumo che si ritrovano nei media. Ma non si tratta solo di una questione giornalistica. Il rapporto tra i vescovi e i sacerdoti rappresenta, infatti, una questione di estrema importanza per la Chiesa perché si riferisce al cuore della vita cristiana, anzi, alla spina dorsale su cui si regge la comunità ecclesiale. Se si dovesse incrinare questo rapporto tutto il corpo ne risulterebbe indebolito. E lo stesso messaggio finirebbe per affievolirsi».

«Nel 1977, durante la sua prima omelia da arcivescovo di Firenze, il cardinale Giovanni Benelli delineò con grande efficacia questo rapporto – ricorda il cardinale Bassetti –. Il vescovo, disse Benelli, è prima di tutto un «segno di unità» per l'intera Chiesa ed è «padre e guida» per i propri sacerdoti e per tutta la comunità dei credenti. E a me, giovane rettore del seminario minore, disse confidenzialmente che dal seminario non sarebbero dovuti uscire «modellini» di preti ma «uomini liberi» che, avendo incontrato Cristo, sarebbero poi stati disposti a mettere con generosità a servizio della Chiesa i doni ricevuti dal Signore. Queste parole, che richiamavano con grande sapienza l'eredità del concilio Vaticano II, assumono ancora oggi un grandissimo significato. Al binomio di carità e obbedienza che lega i sacerdoti al proprio vescovo, infatti, si associa il dono della libertà responsabile. La Chiesa vive e cammina solo se esiste una relazione sincera tra il vescovo e i suoi sacerdoti».

«Come ha sottolineato Papa Francesco, infatti, un vescovo non è mai "vescovo per se stesso" – evidenzia il cardinale Bassetti avviandosi alla conclusione del suo articolo – ma è "per il popolo" così come "un prete non è prete per se stesso" ma è sempre "per il popolo". E l'esempio di amore incondizionato testimoniato da Gesù sulla croce è l'unica vera regola di comportamento per i vescovi e i sacerdoti. Si tratta, infatti, per entrambi, di un identico servizio di presenza e di vicinanza con il popolo cristiano di cui condividono gioie e preoccupazioni. Il vescovo, in particolare, è prima di tutto, un padre nella fede che vive in mezzo al suo gregge. Non è statico, non è fermo, non aspetta i fedeli al chiuso delle sue stanze, ma esce all'aperto e si mette alla testa del suo gregge con spirito di servizio. Perché il servizio rimane la sua missione principale: servire la Chiesa, servire il popolo di Dio, come maestro e guida, senza pretendere nulla per se stesso se non la ricerca della santità».


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