(ASI) Perugia. Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Ceu, e Cristiano Bettega, direttore dell'Ufficio nazionale per l'Ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, hanno aperto i lavori del primo dei tre laboratori programmati dalla Cei in preparazione al V Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre 2015), ospitati, dal pomeriggio del 7 alla mattinata del 9 maggio, presso l'Auditorium Centro Congressi FIGC del capoluogo umbro.

Tema centrale del laboratorio perugino, che vede la partecipazione di oltre 400 persone provenienti da tutt'Italia, è "Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità e relazioni per un nuovo umanesimo", un'ampia riflessione di carattere storico-filosofico e socio economico dell'umanesimo, integrata dall'aspetto del dialogo interreligioso, aperto anche ai non credenti. A trattare i vari ambiti di questo interessante ed attuale tema sono «insigni studiosi di università italiane, europee e americane – ha evidenziato il cardinale Bassetti –; ma anche accompagnati da fratelli o esperti di diverse religioni o culture religiose, con le quali condividiamo questa faticosa, ma stupenda avventura dell'esistenza umana, protesi alla ricerca di quell'orizzonte infinito, che è il destino di ognuno di noi e di tutta l'umanità. L'esistenza umana - e la storia è lì a ricordarcelo - è stata sempre caratterizzata da meravigliosi progressi di civiltà, ma anche da immani tragedie, da lotte fratricide, da sfruttamenti, da abbrutimento... Per costatarlo non bisogna certo andare molto in dietro nel tempo, è sufficiente guardarsi intorno. Ora, è soprattutto ad Oriente che dobbiamo volgere lo sguardo, verso quel mondo da cui è venuta tanta parte della nostra cultura e da dove è venuta anche la nostra fede cristiana. Oggi quel mondo è in fiamme: dalle pianure ucraine, alle steppe del Medio Oriente, fono al Nord-Africa, noi non scorgiamo che orrore: l'abbrutimento terribile dell'uomo che confida solo nella violenza, come metodo per risolvere le contese. Il pensiero corre però anche al continente africano, da decenni abbandonato a se stesso, in preda a lotte tribali, dittature e a selvaggio sfruttamento delle ricchezze naturali...». Il cardinale ha fatto riferimento anche a «chi non vede quanto il mistero della croce avvolge l'umanità intera! Proprio ieri (6 maggio, n.d.r.), nel duomo di Torino, ho potuto contemplare quell'icona tragica, misteriosamente impressa nel lenzuolo della Sindone. Su quell'uomo, ormai placato dal riposo della morte, sembra essersi abbattuta ogni possibile violenza umana. Quel corpo piagato e oltraggiato simboleggia da secoli l'umanità ferita dal dolore e dalle ingiustizie della vita. In quel volto sfigurato possiamo intravvedere i volti umiliati e sconvolti di tanti uomini d'oggi, la cui vita è mortificata o annientata dalla paura, dalla fame, dalla violenza, dallo sfruttamento economico e d'ogni altro tipo. Ma l'icona della Sindone, per quanto sconvolgente, rappresenta soltanto un passaggio della vita del Figlio dell'Uomo: quello della dolorosa attesa della risurrezione, possibile per tutti. Riappropriarsi della propria umanità è possibile; ravvivare in noi l'anelito alla libertà e alla dignità è possibile, come pure uscire dal vortice dell'odio e della violenza. Un altro mondo è possibile davvero!».

Tra gli interventi della prima giornata del laboratorio quello di Marco Impagliazzo docente di Storia contemporanea presso l'Università per Stranieri di Perugia, che ha aperto la sessione dedicata alla "Fraternità e dialogo interreligioso, soffermandosi sul concetto di fraternità inteso non astrattamente ma nella concretezza vissuta, innanzitutto, dalla comunità dei credenti. «Nel mondo globalizzato imprescindibile è la costruzione di un mondo più fraterno – ha detto Impagliazzo –. La fraternità diventa la chiave per attivare relazioni autentiche e influenti nel dialogo tra le religioni». La fraternità come un fatto di popolo non riservato a teologi o esperti e nella capacità del dialogo di «rafforzare le identità religiose e non contrapporle». «Il dialogo non è segno di debolezza ma arte della maturità delle religioni e delle culture, delle nazioni. Le religioni non hanno la forza politica d'imporre la pace, ma trasformando l'uomo dal di dentro, lo guidano verso un atteggiamento di pace del cuore. Le religioni hanno una responsabilità decisiva nella convivenza umana, il loro dialogo tesse una trama pacifica, ma questo richiede di abbattere muri e di educare all'amore dell'arte del convivere». Ricordando lo spirito di Assisi e il dialogo tra le religioni avviato nello storico incontro del 1986 promosso da papa Giovanni Paolo II, Impagliazzo ha individuato in quel momento di comunione e dialogo tra tanti esponenti di religioni diverse «le indicazioni per ritrovare l'unità del genere umano e decidere la coabitazione tra gli uomini superando conflitti e ortodossie».


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