Il cardinale Gualtiero Bassetti l’ha ricordato con queste parole: «un uomo, un sacerdote di grande valore, un intellettuale acuto, un vero perugino», che si è messo «a completa disposizione per servire la Parola e il Popolo di Dio»

(ASI) Perugia. Numerosi amici, fedeli e rappresentanti delle Istituzioni civili, culturali e religiose dell’Umbria hanno dato l’ultimo saluto il 18 agosto, nella cattedrale di Perugia, a mons. Elio Bromuri, sacerdote diocesano tornato alla Casa del Padre il 17 agosto scorso. Tra le autorità politiche presenti le presidenti della Regione Catiuscia Marini, del Consiglio regionale Donatella Porzi, il sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno Gianpiero Bocci e il presidente del Consiglio comunale di Perugia Leonardo Varasano in rappresentanza del sindaco Andrea Romizi.

A presiedere le esequie è stato il cardinale Gualtiero Bassetti con il vescovo ausiliare Paolo Giulietti, l’emerito Giuseppe Chiaretti, l’arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro Riccardo Fontana e i confratelli dell’episcopato umbro Renato Boccardo, Pietro Bottaccioli, Domenico Cancian, Mario Ceccobelli, Gualtiero Sigismondi, Domenico Sorrentino e Benedetto Tuzia. A concelebrare anche una sessantina di sacerdoti e religiosi. Presenti anche due sacerdoti delle Chiese ortodosse, alcuni rappresentanti di altre confessioni cristiane e l’imam di Perugia.

Nell’omelia (il testo integrale è consultabile sul sito: www.diocesi.perugia.it) il cardinale ha tracciato i passaggi più significativi della vita di mons. Bromuri, che per 62 anni ha servito la Chiesa e il popolo di Dio fondando il suo lungo e proficuo ministero sacerdotale sua Carità. E non è stato un caso, come ha evidenziato il cardinale all’inizio dell’omelia, che «don Elio, durante la notte che per lui ha preceduto l’alba dell’incontro con il Signore, ripeteva con un filo di voce e tra sofferenze che si facevano sempre più acute: “Ho avuto fame, ho avuto sete...”. Sono le parole che, nell’ultimo giudizio, ciascuno di noi udrà direttamente dalla bocca di Dio, creatore e giudice di tutta l’umanità. Stupenda sintesi di una vita donata con generosità. Di fronte a tali parole - assolutamente prive di moralismo - la coscienza di ogni uomo potrà trovare solo una delle due possibili risposte: “l’ho fatto” o “non l’ho fatto”. Non ci saranno vie di mezzo né giustificazioni. E nessuno potrà dire: “non lo sapevo”. Quante volte don Elio avrà meditato in cuor suo questo brano del Vangelo; quante volte, scendendo a piedi dalla piazza grande fino a Sant’Ercolano, la “sua” chiesa, gli sarà capitato di leggere questa sentenza incisa sugli architravi delle finestre del Palazzo di giustizia, un tempo Ospedale della Misericordia: e tante volte ne ha scritto, per mettere in guardia sul fatto che al cospetto di Dio null’altro avrà valore se non l’amore praticato e vissuto».

Il cardinale ha definito mons. Bromuri «un uomo, un sacerdote di grande valore, un intellettuale acuto, un vero perugino. Concretamente e fin dai primi passi della vocazione sacerdotale, ha cercato di incarnare l’aspetto oblativo dell’esistenza umana: donarsi con tutto quello che si ha e che si è; mettersi a completa disposizione per servire la Parola e il Popolo di Dio. Uomo di spiccate qualità, teologo, umanista, docente di storia e filosofia nei licei, fu scelto dai vescovi perugini per seguire da vicino il vasto mondo dell’Università statale, che negli anni ha attirato a Perugia migliaia di giovani da tutta Italia, specie dal Sud. Come responsabile della Cappella universitaria, docente alla Stranieri, e animatore della pastorale d’ambiente, don Elio s’è sentito interpellare dalle esigenze umane, culturali e spirituali di tanti ragazzi, spesso inesperti della complessa realtà urbana e accademica e un po’ spauriti, trovandosi lontano da casa. Per loro ha procurato un luogo di riferimento e di accoglienza nell’antico palazzo dell’Opera Pia Marianna Paoletti, nel cuore di Perugia. Aiutato dai giovani della FUCI, ha avuto così la possibilità di avvicinare tanti studenti, offrendo loro il calore dell’amicizia, la consolazione della stima e l’abitudine al ragionamento, all’uso non mistificato della ragione, grazie al quale il dialogo può avvenire con chiunque, da qualsiasi punto di vista si parta. Mettere tutti intorno ad un tavolo per trattare di questioni teologiche, sociali e politiche era per don Elio un servizio per far vivere ai giovani, ma anche a tanti adulti, esperienze utili alla crescita umana, solo grazie alla quale è possibile anche una sana crescita spirituale».

«Operando in questo mondo dell’accoglienza, don Elio, con l’équipe che intanto gli è cresciuta accanto – ha evidenziato il porporato –, scopre l’esistenza dello “straniero”, che professa fedi religiose “altre”, per non parlare delle ideologie disparate e non di rado in contrasto reciproco, con relative strumentalizzazioni. Siamo negli anni Settanta, e Perugia, con le sue due Università, è un crogiuolo di presenze da tutto il mondo. Esse interpellano l’intelligenza e la fede di un uomo e sacerdote della tempra di don Elio, che al servizio dell’Altro ha ormai posto la sua vita... Nasce così, con questo spirito dialogico, l’esperienza del Centro Ecumenico Universitario San Martino in via del Verzaro, la cui attività prosegue ancora, senza soste, da più di cinquanta anni. Le aperture del Concilio Vaticano II al mondo contemporaneo trovano nella mente fervida di don Elio una profonda attenzione. La Chiesa sta spalancando le braccia sul mondo intero, come non era mai avvenuto. Inizia un’avventura affascinante che trova a Perugia un laboratorio di iniziative culturali e religiose, forse unico in Italia».

«La carità, in forma di servizio all’unità della Chiesa e del genere umano – ha proseguito il cardinale –, è stata la missione pastorale di don Elio: se n’è giovata la città e la diocesi perugina, ma anche l’intera regione. Per incarico dei vescovi dell’Umbria, mons. Bromuri ha diretto con raro equilibrio, per trent’anni, il settimanale La Voce, organo informativo delle diocesi umbre, di contenuto non solo religioso. I suoi articoli “di fondo” sono stati per decenni, fino all’ultimo, una lucida lettura della complessità del mondo in cui viviamo, e tali rimangono, attualissimi anche se letti a posteriori. Ha sempre espresso e spesso difeso il pensiero della Chiesa, senza mai cadere nel facile conformismo, senza toni catechetici né enfasi né apologie, ma “in forza della stessa verità”, che sotto la sua penna appare limpidissima. Non c’è argomento, anche quelli più “scottanti”, che non l’abbia visto intervenire, senza timori o imbarazzi».

«Parafrasando una frase di Paolo VI circa la Chiesa, possiamo dire che anche il nostro don Elio è stato un “esperto in umanità”, non solo per le tantissime persone che nel corso della sua vita si sono avvicinate a lui e tramite lui a Cristo, ma, soprattutto, per aver saputo cogliere in profondità i drammi, le incertezze, le euforie di un’umanità che ha trovato troppo spesso nel mito del progresso sociale l’alibi per una vita dissipata e incurante dei valori della tradizione cristiana, ossia umana. Tutto questo egli ha vissuto, annotato e giudicato, sempre nell’ottica della misericordia, alla cui luce anche un mondo disperso e dilaniato troverà la sua trasfigurazione. La profezia della grande famiglia umana riconciliata è l’orizzonte spirituale verso il quale don Elio ha sempre fissato il suo sguardo. E, anche se non ha potuto vederne in terra la piena realizzazione, ha posto però “in mezzo a noi” le basi perché questo grande disegno salvifico possa realizzarsi davvero, nei tempi che solo Dio conosce».

«L’umanità rinnovata, l’avvento della civiltà dell’amore – ha ricordato il cardinale avviandosi alla conclusione –, sono grandi scenari che il Concilio e i grandi pontificati che si sono succeduti in questi decenni ci hanno fatto pregustare, e il caro don Elio sembra averli contemplati con singolare precognizione. Il suo impegno nelle attività ecumeniche e nel dialogo con tutti gli uomini di buona volontà non è fine a se stesso, ma ha un senso proprio in vista di questo fine ultimo della storia, che troverà in Cristo Signore la parola decisiva e conclusiva».

Al termine delle esequie hanno portato il saluto alcuni dei più stretti collaboratori di mons. Bromuri: i docenti Annarita Caponera e Carlo Cirotto e la giornalista caporedattrice de «La Voce» Maria Rita Valli. Quest’ultima, nel ricordare il suo direttore, ha detto: «don Elio aveva rispetto assoluto per le persone, ascoltava e dialogava molto e non si è mai imposto. Non comandava nessuno, come non voleva apparire o essere in prima fila. Era sempre alla ricerca della verità e diceva spesso che c’era una “gerarchia della verità”. A don Elio gli interessava la fedeltà totale a Dio e comunicava il Vangelo ovunque nel rispetto delle idee altrui». E noi aggiungiamo: è stato tessitore e maestro di dialogo anche attraverso la sua attività giornalistica, abbattendo non pochi pregiudizi.


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