19578453 1721880381174465 180980381 n(ASI) Perugia. “Don Lorenzo Milani è stato determinante per la mia vita professionale. Non mi sarei formata nei valori che io credo possano lasciare una traccia importante nell’animo e nella vita dei ragazzi senza il suo insegnamento, la sua ribellione, il suo sacrificio, che io definirei martirio; la sua caparbia e inflessibile scelta di stare con gli ultimi, i poveri e gli emarginati, per garantire loro il diritto a studiare e accedere ai mezzi della conoscenza, che è potere, da cui la cultura dominante, in mano ai ricchi e privilegiati, li escludeva sistematicamente”.

Con questa dichiarazione di riconoscenza, non priva di commozione, dichiarata senza reticenze ma senza retorica, Antonella Ubaldi ha presentato, in un’affollata Sala Sant’Anna, la seconda edizione (aggiornata rispetto a quella precedente del 2003) del suo libro “Caro Don Lorenzo”, una raccolta di lettere e riflessioni da lei dedicate al prete educatore di Barbiana, nel giorno del cinquantesimo anniversario della scomparsa. E che l’opera pedagogica di insegnante e di dirigente scolastica di Antonella Ubaldi sia stata ispirata fin dall’inizio della sua carriera ai princìpi, agli scritti e, soprattutto, all’esempio sul campo di Don Milani, è cosa risaputa. Nell’occasione, lo hanno voluto testimoniare, con la loro presenza attenta e partecipata, colleghi, genitori, allievi, collaboratori e amministratori locali che in tanti lustri hanno avuto modo di conoscerla e di collaborare con lei. Tra essi, l’assessore alle politiche scolastiche del Comune di Perugia, Dramane Diego Wagué, che ha ricordato i tanti colloqui avuti con lei, dai quali emerse ben presto una “visione comune educativa e condivisa della società e della scuola” che affondava le radici proprio nella figura, nella storia e nei testi di Don Milani, come si legge nella Prefazione al libro, curata proprio da Wagué. L’assessore si è riferito al Cardinale Bassetti di Perugia, che conobbe Don Milani nella sua Firenze e che lo ha recentemente definito “un’intelligenza creativa e, come Gesù, un segno della contraddizione”. Perché, con riferimento ad uno degli scritti angolari di Don Milani, “L’obbedienza non è più una virtù”, rivolto ai cappellani militari, Wagué ha citato Bassetti quando afferma che la disobbedienza di don Lorenzo era nell’obbedienza al Vangelo. Cioè, non era concepita contro la Chiesa o la fede, ma per aiutare la giustizia e rispettare la propria coscienza. Wagué ha poi voluto sottolineare la passione autentica di Ubaldi per l’insegnamento, la sua “sensibilità, rara e difficile da incontrare, per la natura umana”. Doti che hanno connotato la sua tensione ideale verso una società non competitiva, senza vincitori e vinti, nella quale ognuno possa esprimersi e dare ciò che ha per l’utilità di tutti. E una scuola non selettiva, accogliente per tutti, senza ingiustizie e senza discriminazioni, dove chi ha il compito di formare si deve sporcare le mani, anche rinunciando a comodità e privilegi, per far accedere alla conoscenza e aiutare ad esprimersi anzitutto chi è indietro e svantaggiato dal contesto. Principi e ispirazioni certo riconducibili al “Presbitero-educatore-scrittore-Insegnante” di Barbiana, verso il quale l’autrice scrive di nutrire un autentico amore da allieva verso il Maestro, la cui lettura, in gioventù, come racconta nella lettera del 5 luglio 2001, l’aveva subito presa e liberata dal velo del conformismo che la stava avvinghiando e le impediva di “cercare la libertà attraverso la verità”. Da lì, un crescendo di stimoli e motivazioni professionali legate all’esperienza di Barbiana, nonostante la decadenza progressiva della scuola italiana “sul piano etico, politico e pedagogico”. Decadenza che Ubaldi fa partire dagli anni novanta, quando prendono piede i modelli efficientisti, incarnati poi nel sistema di valutazione “invalsi”, che di fatto sembra realizzare l’opposto del principio di don Milani per cui non c’è cosa più ingiusta che fare parti uguali tra disuguali. L’aziendalismo introdotto a scuola, torna ad emarginare, per Ubaldi, gli ultimi, gli esclusi, i disabili e i liberi, che sono visti più come un peso che non come una ricchezza. Così, diventa più difficile coltivare le virtù e i talenti di ciascuno come bene per tutti. E, progressivamente, si perde anche la dimensione sociale e politica della scuola, fondamentale secondo l’insegnamento di don Milani per darle un senso e uno sbocco di utilità collettiva. Tutto questo ha generato la attuale crisi della scuola italiana e gli atteggiamenti spesso trasgressivi dei giovani. Una trasgressione funzionale al sistema, per Ubaldi, che invece, sulle orme del prete di Brbiana, auspica una “ribellione” creativa, ricca di anticonformismo e spirito critico da parte delle giovani generazioni.
Nel corso dell’incontro è intervenuta anche Laura Lembo, insegnante della Scuola Primaria di Tavernelle, intitolata a Don Milani nel 1998, quando ne era dirigente scolastica proprio Antonella Ubaldi. Lembo ha raccontato di aver riflettuto solo dopo tanti anni sul significato di quella intitolazione e, da allora, di aver scoperto il mondo di Don Milani, tanto da averlo studiato un’estate intera e di avergli dedicato il progetto didattico “I care”. Fece parte di questo progetto anche un incontro di Lembo, avvenuto a Calenzano, con Edoardo Martinelli, raccontato con emozione dall’insegnante. E, poi, una serie di incontri degli studenti con esperti di ogni tipo (tra cui anche Antonella Ubaldi) “dal politico al falegname”, perché chiunque può dare un contributo alla crescita a trecentosessanta gradi, secondo il “metodo Don Milani”. E, se è vero che è stata però anche ricordata la ritrosia del prete di Barbiana a codificare un qualsiasi metodo didattico valido per tutte le epoche e zone, sul presupposto che la scuola deve essere attinente e inserita nella realtà in cui opera; tuttavia del suo metodo ciò che non tramonta è proprio, essenzialmente, l’I care. E se oggi il problema dei ragazzi è l’insicurezza, la ricerca di rassicurazioni personali; e il bisogno primario è l’inclusione, cioè il non sentirsi un niente trasparente nella massa, ha concluso Lembo, “occorre fate tutti in modo che ogni giorno si faccia I care nella scuola e nella vita, a partire dai nostri personali bisogni e dalla nostra felicità”. All’incontro ha portato la sua testimonianza anche Francesco Seghetta, del Centro Solidarietà Don Milani di Perugia, che ha ricordato la ventennale attività dei volontari dell’associazione a sostegno di studenti in difficoltà. Un’attività ispirata al pensiero pedagogico di don Milani, riassunto da Seghetta nello slogan “la scuola di tutti e per tutti, soprattutto per gli ultimi”; cioè, secondo la definizione di don Lorenzo, come ospedale da campo per soccorrere i feriti, gli emarginati e scartati. Seghetta ha citato alcuni casi nei quali il Centro ha potuto aiutare ragazzi con problemi ad inserirsi nella scuola e nella società. Come quel ragazzo magrebino che, venuto in Italia per ricongiungersi con la madre che lo aveva lasciato nel suo Paese d’origine con la nonna, si rifiutava di mangiare cibo italiano perché l’Italia, nella sua rappresentazione del proprio disagio, era il posto gli aveva “rapito” la mamma. La serata si è conclusa con l‘apprezzata esibizione di Giacomo Ortu, attore e insegnante, che ha interpretato alcuni scritti di Don Milani, tra i quali la risposta, densa di significati umani, politici e religiosi, che egli diede ai cappellani militari che lo avevano pesantemente criticato per il suo libro “L’obbedienza non è più una virtù”. La Sala Sant’Anna è stato abbellita per l’occasione dalle decorazioni artistiche (origami) di Kim Heejin, mentre gli interventi sono stati inframmezzati dagli applauditi accompagnamenti musicali eseguiti della violinista Chiara Mezzetti e del violoncellista Luca Ricci.

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia

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