(UNWEB) Spoleto. Dopo l'inaugurazione di venerdì con la Budapest Festival Orchestra, domenica 27 giugno il palcoscenico del Festival in Piazza Duomo raddoppia per ospitare l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretta da Pascal Rophé, che arriva a Spoleto schierando tutte le sue forze. Alla pedana frontale dedicata all'orchestra si aggiunge la pedana laterale per il coro. Una disposizione suggestiva e scenografica davanti alla facciata del Duomo scelta per l'occasione unica dell'esecuzione di una delle opere più imponenti di Igor Stravinskij: Oedipus Rex, omaggio del Festival all'autore di pagine divenute popolari e celebri come La Sagra della primavera o l'Uccello di fuoco, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa.
A orchestra e coro si aggiunge in palcoscenico un cast vocale di primissimo piano per le parti solistiche, con Allan Clayton (Oedipus), Anna Caterina Antonacci (Giocasta), Andrea Mastroni (Creonte/Messagero), Mikhail Petrenko (Tiresia) e John Irvin (Il Pastore).
Infine, il racconto della storia, su testo di Jean Cocteau, è affidato alla voce dell'attrice Pauline Cheviller, tra le migliori interpreti del titolo dopo le sue collaborazioni con il regista Peter Sellars proprio per Oedipus Rex e Perséphone di Stravinskij. Prima di ogni scena la voce recitante anticipa le azioni nella lingua del pubblico, trasportato in una dimensione straniante e sospesa, dove gli occhi dei personaggi, immobili, non si incontrano mai e l'unica a muoversi è la musica.
Igor Stravinskij concepisce Oedipus Rex tra il 1926 e il 1927, e l'opera-oratorio, oggi eseguito prevalentemente in forma di concerto, è tra i lavori più rappresentativi del periodo neoclassico della sua produzione. Da anni l'autore era alla ricerca di un soggetto la cui trama fosse così nota al pubblico da permettere di prestare attenzione soprattutto alla musica. Il libretto di Jean Cocteau, dal testo di Sofocle, è tradotto in latino da Jean Daniélou: dopo aver letto la biografia di San Francesco d'Assisi Stravinskij decide di ricorrere a una propria "lingua dell'anima" – com'era il provenzale per San Francesco –, un linguaggio speciale e sacro capace di creare un distacco dalla vita di tutti i giorni.
Nella prima parte del concerto cui esecuzione è accostata ai tre Nocturnes di Claude Debussy. Senza tempo e senza luogo si tratta di uno dei brani più celebri per la loro grande capacità descrittiva e impressionista: «tutto ciò che la parola contiene di impressioni e luci particolari». Nel trittico la musica abbandona la linearità e la finalità di un discorso e acquisisce le sfumature di un'immagine: il lento avvicendarsi delle nuvole nel cielo, il corteo e il movimento della danza, il ritmo del mare e il canto delle sirene.