copertina La scrittura di Dante Tavola disegno 1 750x536(UNWEB) Perugia. Mercoledì 23 giugno, al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, Attilio Bartoli Langeli, tra i più noti paleografi italiani, ha incantato il pubblico parlando della scrittura di Dante. Presenti l’assessore alla Cultura Leonardo Varasano, Carlo Pulsoni, Tiziana Caponi e  numerosi partecipanti all’iniziativa.

Tra documentazioni comprovate e ipotesi interpretative, il professore ha lanciato suggestive provocazioni sulla genesi della Divina Commedia e del ruolo che la memoria e l’oralità hanno avuto nel successo del poema.

Non esiste un manoscritto autografo della Commedia, e dunque come scrisse Dante? In quale stile? Langeli parla di“minuscola notaresca”, cioè la scrittura dei notai. Il tratto è magro, sottile, elegante. Ma di certo Dante, come Petrarca e Boccaccio, ebbe più tipi di scritture, secondo le funzioni del testo. Semmai abbia pensato di “scrivere” la commedia, la pensò in gotica.

Ma Dante  la scrisse di sua mano? Quando Boccaccio cominciò a scrivere la Commedia – racconta il professore – gli portarono un quadernetto con i primi sette canti dell’Inferno ritrovati a Firenze dopo l’esilio.

Dante, che li aveva dimenticati, ricomincia a scrivere da capo la Commedia. Dimostrando così di aver concepito la commedia da subito con una sceneggiatura di ferro. Il piano dell’opera era già nella sua testa: le tappe del viaggio, i personaggi, i sentimenti e le passioni, I vizi e le virtù, insomma le storie che avrebbe raccontato.

Dice Langeli, Dante era famoso, la commedia era un bestseller prima ancora di diventare libro, lo seguiva una turba famelica di reporter: un nuovo canto, tutti ad ascoltare e a recitare, e non parliamo solo di letterati, ma di autentico successo popolare.

L’assenza di autografi conferma l’ipotesi che Dante non abbia scritto la commedia di suo pugno ma l’abbia dettata. Insomma a Bartoli Langeli – ma anche a noi lettori – piace immaginare il poeta alla maniera medievale: sola voce, sola memoria, senza mani e senza occhi.

Tra i più noti paleografi italiani, Attilio Bartoli Langeli (Roma 1944) ha insegnato nelle università di Perugia, Venezia, Padova, Roma II; attualmente insegna presso il Pontificio ateneo Antonianum di Roma. Dal 1977 al 1992 ha coordinato con Armando Petrucci il seminario permanente “Alfabetismo e cultura scritta” e ha presieduto la Deputazione di storia patria per l’Umbria. Tra le sue pubblicazioni principali, numerose edizioni documentarie e le monografie Gli autografi di frate Francesco e di frate Leone (Brepols, 2000) e La scrittura dell’italiano (il Mulino, 2000).

 


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