Processo storico Perugia Foto di Federico Miccioni 5(ASI) Perugia. I perugini assolvono l'imperatore umbro Gaio Vibio Treboniano Gallo. Sabato 5 dicembre la Sala dei Notari si è trasformata ancora una volta in un Tribunale per la VII edizione del Processo Storico, organizzato dal Rotaract Club Perugia Est, e un collegio di veri magistrati ha giudicato l'Imperatore Gaio Vibio Treboniano Gallo, originario di Marsciano, che regnò dal 251 al 253 dopo Cristo. Secondo alcuni un uomo di indubbie qualità amministrative e militari, per altri un traditore, asceso al trono grazie a un accordo con i nemici, i Goti, che portò alla morte nella battaglia di Abrittus del precedente Imperatore Decio, l'uomo che l'aveva reso importante e potente.

Le parti hanno interrogato i testimoni, interpretati da soci e amici dei Rotaract Perugia Est: Laura Mecella, Lavinia Cavalletti e Nicola Valigi. Poi l’imputato Vibio Treboniano Gallo, interpretato da Errico Biagioli ha rilasciato una dichiarazione affermando la sua innocenza. Ogni personaggio indossava ricostruzioni dell’abbigliamento dell’epoca.

Al termine del dibattimento, come ormai da consuetudine, il pubblico intervenuto è stato chiamato ad emettere il suo verdetto, votando la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato mediante biglie bianche e nere fornite all’ingresso. Il verdetto della giuria popolare è stato di 98 voti a 57 a favore dell'innocenza. Successivamente il Collegio Giudicante ha emesso la propria sentenza secondo la legge.

A rappresentare il Pubblico Ministero è stato il Dott. Sergio Sottani, Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Forlì; il difensore dell’imputato l'Avv. Franco Libori, Responsabile della scuola territoriale Fabio Dean della camera Penale di Perugia; i componenti del Collegio Giudicante: il Prof. Avv. David Brunelli, Professore Ordinario Diritto Penale all'Università di Perugia, il Dott. Daniele Cenci, Magistrato Consigliere della Suprema Corte di Cassazione, la Dott.ssa Nicla Flavia Restivo, Magistrato Presidente del II collegio penale del Tribunale di Perugia; garante del processo il Notaio Dott. Luigi Sconocchia Silvestri.

L’evento ha ottenuto una lettera di plauso dal Metropolitan Museum of Art di New York, nella persona di Marco Leona. Nelle passate edizioni la manifestazione, ormai un appuntamento fisso per i cittadini di Perugia, ha ottenuto le lettere di plauso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del Presidente del Senato Renato Schifani.

Questa nuova edizione del “Processo storico”, organizzata dal club guidato dalla Presidente Maria Luisa Cotana, con il supporto di Franco Cotana, curatore del libro Vibio Treboniano Gallo e la sua terra (Morlacchi Editore), insieme a Laura Mecella, Ricercatrice in Scienze Storiche Università Europea di Roma e allo storico Gabriele Principato, fa parte delle iniziative di "Perugia 2015. Capitale della cultura italiana” ed è patrocinata dalla Regione Umbria, dal Comune di Perugia e dall'Ordine degli Avvocati di Perugia.

Il ricavato dell'evento sarà destinato alla Caritas San Faustino per il sostegno alle famiglie in difficoltà e al restauro di uno dei monumenti selezionati dal Comune di Perugia all'interno dell'iniziativa "Art Bonus".

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Processo storico, VII edizione

 

LA CORTE DI PERUGIA

Decidendo sulle accuse di alto tradimento formulate nei confronti di GAIO VIBIO TREBONIANO GALLO, in relazione ai fatti occorsi in Mesia, località Abbrito, nel 251 d.c., letti gli atti, uditi i testi, sentite le Parti, osserva quanto segue.

  1. Le truppe romane dell’Imperatore Decio avevano raggiunto la Mesia per contrastare circa 70.000 goti che, sotto il comando del loro sovrano Kniva, avevano attraversato il Danubio e invaso parte della regione. I goti, travolgendo ogni cosa, stavano marciando verso Adrianopoli, importante località della Tracia romana.
  2. Dopo che i romani avevano perso a Filippopoli, che venne saccheggiata e i cui abitanti vennero trucidati, Decio aveva organizzato un cospicuo esercito sul Danubio, per contrastare i Goti.
  3. La battaglia decisiva avvenne ad Abbritto dove però Decio venne sconfitto e trovò la morte, insieme al figlio Erennio Etrusco.
  4. Risulta che il Treboniano, in qualità di governatore della Mesia, si trovasse con le sue truppe presso il Danubio, ma che non intervenne in Abbritto in sostegno dell’imperatore.
  5. Sostiene l’accusa che Treboniano si sarebbe preventivamente accordato con i Goti allo scopo di indurre Decio a scontrarsi con l’esercito nemico in una zona molto insidiosa a causa delle paludi, nelle quali l’esercito romano si sarebbe trovato in condizioni di netta inferiorità, in cambio della promessa di aver salva la vita e di poter tornare a Roma con i suoi soldati.
  6. La Corte è dell’avviso che non esistono prove sufficienti per dimostrare che un simile accordo si fosse perfezionato, dando luogo al tradimento di cui parla l’accusa, con il sostegno di alcuni storici.
  7. Infatti, da un lato è vero che Treboniano, avendo familiarità con le zone, non avvisò in alcun modo Decio dell’insidia costituita dalle paludi, e che, dopo la battaglia, stipulò una resa poco onorevole per l’esercito romano; d’altro lato, però, è emerso dall’istruttoria che Decio ben conosceva la conformazione del territorio; inoltre, gli storici si limitano a delle supposizioni circa un preteso tradimento sulla base di tali elementi, e comunque sono contraddetti da altri studiosi.
  8. La narrazione della teste audita (Amalfrida, figlia di Kniva, re dei goti) pare poco attendibile perché generica e priva di riscontri; in particolare, appare inverosimile che la ragazza, venuta a conoscenza di una notizia così importante – addirittura prima della battaglia – , non si sia mai confrontata con il padre chiedendone conferma.
  9. Peraltro, va anche rilevato che, data la distanza tra l’accampamento di Treboniano, sul Danubio, ed il luogo della battaglia, è assai inverosimile che siano intervenuti tempestivi scambi di messaggi e informazioni; ciò rende anche ulteriormente improbabile che sia intervenuto un vero e proprio accordo.
  10. Quanto all’autonoma accusa di avere stipulato una pace disonorevole e pregiudizievole, lasciando ai goti un consistente bottino e abbandonando soldati e concittadini romani catturati al loro destino, nonché accettando di pagare una rilevante somma di denaro, ritiene la Corte che tale scelta, anche se poco dignitosa ed inconsueta, va valutata in relazione alla situazione contingente. In particolare, data la schiacciante superiorità dei Goti e la loro determinazione, la verosimile condizione di scoramento e di isolamento delle truppe romane, anche a fronte della perdita dell’imperatore, è plausibile che il Treboniano abbia assunto una decisione che, quantomeno nell’immediato, poteva anche essere considerata priva di alternative.
  1. Non sussistono, dunque, gli estremi per ritenere integrato il reato contestato, potendosi muovere al futuro imperatore, al più, solo una censura morale. Peraltro, dalla condotta da egli serbata in seguito, anche nei confronti della famiglia del defunto imperatore, emergono aspetti sicuramente meritevoli di apprezzamento sotto il profilo umano, non adeguatamente valorizzati dagli studiosi che accreditano la tesi del tradimento.

Per tali ragioni la Corte assolve Caio Vibio Treboniano Gallo dal reato ascrittogli, perché il fatto non sussiste.

Perugia, 5 dicembre 2015

I Giudici

Il Notaio

 

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