Ampio e documentato dossier presentato all’Osservatorio regionale per gli studi di settore: "La crisi non è finita, occorre calibrare meglio gli indicatori di normalità economica"

(ASI) Perugia. Parte dall’Umbria una nuova battaglia per un fisco più equo. A tutela delle imprese associate, Confcommercio regionale ha infatti chiesto la revisione degli studi di settore, che non rispecchiano la situazioni in cui si trovano le imprese umbre, ancora alle prese con la crisi.
Con un ampio e documentato dossier indirizzato al presidente dell’Osservatorio regionale per gli studi di settore - Umbria, il presidente di Confcommercio Umbria Aldo Amoni ha chiesto “ufficialmente la revisione e il ricalcalo degli studi settore”, poiché strumenti non più idonei a descrivere la realtà delle imprese umbre.
La richiesta di Confcommercio Umbria - che si è avvalsa del contributo fondamentale dei tecnici del Servizio Consulenza e Assistenza Fiscale Seac Confcommercio della provincia di Perugia - è supportata dai dati relativi ad un campione di imprese, di diversi settori merceologici, risultate congrue nel 2013 per effetto dei correttivi anticrisi, ma che non lo sono più nel 2014, a causa della fortissima riduzione dei correttivi congiunturali di settore applicati proprio per l’anno 2014.
Confcommercio Umbria sottolinea come sia diminuito del 12%, rispetto allo scorso anno, nella platea dei contribuenti osservati, il numero dei soggetti congrui naturali. Questo a causa del depotenziamento dei correttivi anticrisi, che viene documentato allegando 8 casi concreti (in anonimato) che appartengono a vari settori e a varie classi dimensionali di volume d'affari.

Il lavoro di Confcommercio Umbria ha preso il via dall’analisi dei modelli di dichiarazione UNICO 2015 – redditi 2014 e relativi studi di settore, la cui presentazione all’amministrazione finanziaria si è conclusa lo scorso 30 settembre, riferita a un campione di 546 contribuenti.
Ne è emerso che complessivamente il campione è risultato allineato, fisiologicamente o per adeguamento alle risultanze degli studi, per il 66%.
Il fatto è che la riduzione dell’effetto dei correttivi “anticrisi” ha determinato per molte categorie di contribuenti, a fronte degli stessi ricavi dichiarati, il passaggio da una situazione di congruità ad una di non congruità. Una criticità che ha riguardato in maniera trasversale tutti i settori economici e aziende di dimensioni diverse.
Gli esiti dello studio Confcommercio non fanno altro che confermare l'analisi condotta dalla Banca d'Italia sull'economia umbra, che mette in luce il proseguo della fase recessiva.
Per questi motivi, Confcommercio Umbria ha chiesto ufficialmente di revisionare e ricalcolare gli studi di settore, perché non sono riusciti a cogliere la persistente situazione congiunturale sfavorevole ancora in atto.

“Gli attuali indicatori di normalità economica – sostiene il presidente Confcommercio Umbria Aldo Amoni – rischiano di non raggiungere l’obiettivo per cui sono stati introdotti, vale a dire: individuare in modo trasparente i soggetti che hanno alterato la loro realtà aziendale nei confronti dell’amministrazione finanziaria. Occorre mettere mano a una loro revisione perché si arrivi ad un trattamento più equo delle imprese della nostra regione, che hanno bisogno di trovare nella Pubblica Amministrazione un supporto reale e corretto, e non solo punitivo”


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