(UNWEB) Nella parte dedicata alle interrogazioni a risposta immediata (question time) della seduta d’Aula di oggi, il consigliere Thomas de Luca (M5S) ha chiesto chiarimenti all’assessore alla Sanità, Luca Coletto in merito alle “ingenti risorse pubbliche ai privati nell’emergenza covid”.
Nello specifico, il capogruppo pentastellato ha chiesto di sapere “l’importo complessivo esatto, aggiornato, delle spese sostenute per le prestazioni erogate in virtù delle convenzioni stipulate tra le Aziende ospedaliere e sanitarie dell’Umbria e le cliniche private regionali, nonché quali motivazioni possano giustificare lo spostamento di queste ingenti risorse della sanità pubblica verso la sanità privata, proprio nel momento in cui tali risorse sarebbero state fondamentali per affrontare l’emergenza pandemica”. Nell’illustrazione del suo atto ispettivo, De Luca ha ricordato che “sia l’Azienda ospedaliera di Perugia che quella di Terni nel recente passato hanno firmato accordi contrattuali con cliniche private della regione per assicurare prestazioni sanitarie di chirurgia non procrastinabili in regime di ricovero a favore di pazienti non covid. Per tali prestazioni è stata prevista una remunerazione alla clinica privata e al contempo è previsto che il personale medico-chirurgico è messo a disposizione proprio dalle Aziende ospedaliere. L’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, ha annunciato che la convenzione con le case di cura private andrà avanti fino al 31 luglio, al contempo si stanno riaprendo spazi per i ricoveri non covid per tutte le patologie mediche che arrivano dal Pronto soccorso e per la riattivazione dell'attività chirurgica programmata. In risposta ad una nostra precedente interrogazione è emerso come il numero di pazienti in lista d’attesa per intervento chirurgico con previsione di ricovero risulti alla data del 14 marzo di 5.677 prestazioni in lista d’attesa all’Ospedale di Perugia e ben 7.831 in quello di Terni. Con nota dello scorso 12 maggio, in risposta all’accesso agli atti da me avanzato, è stato rappresentato come nel periodo relativo al quarto trimestre 2020 e al primo trimestre 2021 l’Azienda ospedaliera di Terni nell’ambito della convenzione con la clinica Porta Sole ha svolto 94 interventi per un importo complessivo di 451mila 912 euro. I 94 interventi effettuati nell’ambito della convenzione nella clinica Porta Sole rappresentano poco più dell’1 per cento rispetto ai 7831 interventi chirurgici in lista d’attesa per quanto riguarda l’azienda ospedaliera di Terni. A causa dell'emergenza pandemica, la sanità ordinaria che è stata messa in stand-by, con liste d'attesa sempre più lunghe, visite e operazioni chirurgiche rimandate, comporta conseguenze molto pesanti sulla salute e sull'aspettativa di vita di migliaia di persone che rimangono in attesa di interventi che appesantiscono il quadro diagnostico del paziente e il rischio di grave decorso delle patologie. Anche se in questi giorni stiamo assistendo ad un calo degli indici di contagio e le somministrazioni di vaccini in tutto il Paese hanno ormai coperto una consistente fetta di popolazione, pur persistendo evidenti problemi in termini di approvvigionamento e programmazione, non possiamo permetterci di rimandare oltremodo le prestazioni di quella che è l’attività ordinaria della sanità che ha in questo ultimo anno accumulato enormi ritardi e ha visto le liste d’attesa allungarsi in maniera preoccupante. Secondo recenti notizie apparse sulla stampa locale lo stesso direttore della sanità regionale, Braganti ha confermato che sono oltre 5 mila le prestazioni perse da recuperare solo per quanto riguarda il 2021. Nell’attuale organigramma dell’area sanitaria reperibile nel sito internet dell’Azienda ospedaliera di Terni ben 13 strutture complesse su 37 risultano in capo a facente funzioni, situazione intollerabile che si protrae da diversi anni, che oltre ad impedire una efficace programmazione sanitaria sottrae ulteriori risorse all’area sanitaria”.
L’assessore Coletto ha risposto che durante la pandemia nel corso del 2020 per la ripresa delle prestazioni sanitarie sono state individuate strutture non covid per garantire la separazione dei pazienti covid da quelli non covid, con il massimo livello di sicurezza per pazienti e operatori. Nelle strutture ospedaliere sono stati garantiti gli interventi non procrastinabili che non potevano essere eseguiti nelle strutture private poiché serve una terapia intensiva per interventi di neurochirurgia e cardiochirurgia. In Umbria non ci sono Case di cura con terapia intensiva. Quindi le Case di cura sono state scelte come strutture non covid perché non potevano garantire un aumento dei posti letto intensivisti e hanno svolto le attività non procrastinabili. Il costo complessivo sostenuto fino al quarto trimestre 2020 è stato pari all’80 per cento delle tariffe indicate nell’apposita delibera di Giunta, meno il valore dei presidi sanitari utilizzati; una ricognizione è in corso d’opera. all’azienda ospedaliera di Perugia sono andati 779 mila euro, in quella di Terni 169mila, in totale sono 948mila euro. Tale accordo finirà al termine dello stato di emergenza, attualmente il 31 luglio. Il finanziamento rientra negli stanziamenti del potenziamento delle reti di assistenza territoriale, non pagati col Fondo sanitario della regione, ma con finanziamento previsto dal Dpcm del Governo per sostenere lo smaltimento delle liste di attesa che in Umbria, come spiegato, non potevano essere soddisfatte. I numeri dicono 2800 posti letto per acuti riservati a pazienti covid, in Umbria erano 69, con l’intervento del governo 127, cui si assommano i lavori di adeguamento. Ha ragione consigliere De Luca a dire che 37 apicalità nella sanità sono troppe, ma è una situazione ereditata, dovremo rimediare perché così non si può gestire. Sottolineo inoltre che la Regione ha deciso di pagare a funzione, cioè per prestazione, mentre altre Regioni hanno pagato vuoto per pieno, ma a noi ci sembrava più corretto così”.
Nella replica conclusiva De Luca si è dichiarato “esterrefatto, mi sarei aspettato dati completi, visto che io dispongo dei dati relativi al 2021 forniti dall’azienda ospedaliera, secondo cui siamo a 451 mila euro, quindi fra 2020 e 2021 si tratta di una cifra fra i 2 e i 3 milioni di euro, ed è chiaro che è una scelta politica chiudere gli ospedali per mandare la gente nelle cliniche private. A Terni il quarto piano dell’ospedale è chiuso, quello per malattie dell’apparato respiratorio è chiuso, la rianimazione B chiusa, ma con 2 milioni di euro quanto personale avete assunto? Avreste potuto allestire terapie intensive per trasformarli in ospedali covid free, invece avete voluto chiudere quegli spazi. Spostare risorse dal pubblico al privato, è una scelta politica, una responsabilità da assumere da parte della maggioranza. Con 2 milioni di euro si poteva non solo gestire emergenza”.