(UNWEB) Nella sessione dedicata al Question time della seduta consiliare di oggi, Vincenzo Bianconi (misto) chiede chiarimenti sull’epidemia di peste suina africana in nord Italia, volendo conoscere “gli intendimenti della Giunta per la protezione dell’equilibrio ecologico e tutela dell’economia in umbria mediante la salvaguardia e reintroduzione di specie autoctone”.
Illustrando l’atto in Aula Bianconi ha rimarcato come il tema investa l’intera comunità e quindi “l’arrivo in Umbria di questa malattia determinerebbe rischi enormi per l’ecosistema e l’intera economia locale, particolarmente fondata nei settori che sarebbero i più colpiti da una diffusione dell’epidemia, quali allevamenti, agricoltori, enogastronomia, industria di trasformazione alimentare, turismo, escursionismo e molto altro. In Italia, ad oggi, sono 114 i comuni definiti ‘zona rossa’ attraverso ordinanza ministeriale, un numero che fa tremare le gambe. Il problema è figlio di una cattiva gestione della fauna, all’interno dei boschi, che parte da lontano, da circa 40 anni ed oggi presenta le sue conseguenze. Si tratta di un problema da affrontare con logiche di breve, medio e lungo periodo. Nelle zone rosse vengono previsti gli abbattimenti di tutti i suini degli allevamenti bradi e semibradi, oltre al divieto di movimentazione di suini in ingresso ed uscita, oltre che di carni, per almeno sei mesi. Questo vuol dire bloccare l’industria suinicola e quindi la norcineria. Poi c’è anche il mega tema delle attività outdoor quali il trekking, mountain bike, la pesca, la raccolta di tartufi ed altro. È uno scenario che cambia l’economia delle zone interne con conseguenze gravissime. A tutto questo va ovviamente legato l’impatto sui posti di lavoro. Una situazione che potrebbe portare ad un ulteriore crollo dell’economia soprattutto nelle aree già duramente colpite dagli effetti del terremoto del 2016. oggi è importante dunque lavorare insieme ad ogni livello per pensare da subito ad eventuali misure di sostegno quali ammortizzatori sociali ed altro. Va ricreato un riequilibrio in tutto l’Appennino centrale eliminando le specie alloctone reintroducendo quelle autoctone. Chiedo pertanto quali azioni intende porre in essere la Giunta regionale, anche in coordinamento con le istituzioni nazionali, altre regioni, enti locali, associazioni ambientaliste, degli agricoltori, turismo, sport outdoor, commercio, enogastronomia e altri eventuali soggetti pubblici e privati, finalizzate alla prevenzione della diffusione della peste suina africana; se e quali azioni intende intraprendere per la reintroduzione del cinghiale italico autoctono ed eliminazione di specie alloctone, al fine di garantire l’equilibrio ecologico nei boschi dell’Umbria; se e quali risorse economiche ed umane intende destinare nell’ambito di una strategia di lungo periodo finalizzata al ripristino e mantenimento dell'equilibrio dell'ecosistema umbro, con una particolare attenzione alla salvaguardia delle specie autoctone, anche mediante l’eventuale sostituzione delle specie alloctone dannose all’equilibrio ecologico con tali specie autoctone”.
L’assessore Roberto Morroni ha risposto che “sono state applicate tutte le procedure previste. Sabato 19 febbraio si svolgerà, in collaborazione con gli Atc la prima di tre esercitazioni per la ricerca di carcasse di cinghiale sul territorio. L’obiettivo è formare e preparare squadre di ricerca pronte per essere attivate nell’eventualità dell’arrivo del virus sul territorio regionale. Verranno coinvolti cacciatori e conduttori di cani da traccia. La Regione, nel periodo 2012-2015 ha condotto insieme al Dipartimento di biologi dell’Università di Perugia uno studio sulla caratterizzazione genetica del cinghiale. Dalle analisi si è indagata la collocazione filo geografica della popolazione di cinghiali in Umbria. I risultati hanno confermato che, secondo studi fatti da Ispra sulla popolazione italiana, le popolazioni della penisola hanno risentito dell’afflusso di geni alloctoni e del rilascio di ibridi, ma conservano ancora una quota importante della diversità genetica originaria endemica. Anche i più recenti studi di genetica non consentono uno schema di definizione chiara e univoca del c.d. cinghiale italico. Sono ormai passati molti anni da quando venivano immessi capi provenienti da fuori Italia. Non è minimamente ipotizzabile eliminare tutti i capi presenti sul territorio regionale per poi sostituirli con altrettanti, rimane pure l’impossibilità di definire esattamente le fonti di approvvigionamento. È molto più importante e proficuo spendere le energie per dedicarsi ad una gestione solida e corretta della popolazione presente definendo precisi piani di prelievo venatorio e contenimento, molto più incisivo nelle aree più critiche, controllo della filiera della carne e preparazione ad una eventuale gestione emergenziale per l’arrivo della peste suina africana. L’Osservatorio faunistico regionale opera da oltre 20 anni ed ha acquisito una conoscenza della situazione faunistica tra le più approfondite a livello nazionale. L’Osservatorio monitora costantemente la presenza delle specie alloctone, questo ha consentito il rilevamento precoce di specie alloctone”.
Nella replica, Bianconi dopo aver ringraziato l’Assessore per quanto rappresentato e per quanto la Regione sta facendo, ha ribadito la necessità di “lavorare sugli aspetti che riguardano l’impatto economico. È auspicabile attivarsi con altre Regioni e Ministeri per la predisposizione di misure di sostegno su zone dichiarate ‘rosse’. È importante fare in modo che vengano previste filiere protette per il trasferimento di carne super controllata anche in zone rosse affinché possa essere lavorata e immessa nel mercato”.