(ASI) Il Perugia di battaglia e sacrificio vince ancora in Piemonte. Dopo Novara, tocca al Vercelli strozzare il riso in gola. Una vittoria preziosa,, anche se il bilancio dei feriti è pesante. Alla fine, ovviamente, le note positive sono di gran lunga più di e quelle negative.

I tre punti sono importantissimi e se, a fine stagione, dovessero rivelarsi determinanti, il Perugia dovrà anzitutto ringraziare Brignoli che, fra parate difficili e un dominio sulle palle alte nell’assedio durato tutto il secondo tempo, tiene su le speranze dei grifoni fini al 96′. Gli aspetti negativi ruotano tutti attorno alle decisioni dell’arbitro Mainardi, apparso non all’altezza di un match ruvido e, poi, addirittura infuocato dopo l’espulsione di Dezi. Il centrocampista napoletano, col Perugia in vantaggio e che avrebbe potuto gestire una partita messasi bene e così importante, avrebbe dovuto risparmiarsi l’intervento su Aramu a metà campo. Un fallo, sia chiaro, probabilmente non volontario e dettato dall’intento di colpire il pallone, ma comunque scriteriato. Ma, detto questo, a giudicare dalle ammonizioni (4 perugini, pesanti quelle di Brighi e Di Chiara, diffidati; nessun vercellese) sembrerebbe che il Perugia sia andato nella capitale del riso a menare. Così non è stato e allora la direzione del signor Mainardi, andato in confusione totale, andrà tenuta presente a futura memoria. Perché anche i vercellesi, imbattuti da undici turni, fin dall’inizio hanno fatto valere la loro fisicità e la velocità nelle ripartenze, col Perugia imbambolato e incapace di dare sbocchi ad un possesso palla sterile e orizzontale. Così è andata avanti la storia per mezz’ora. Poi, quando i grifoni han deciso di uscire dal guscio e fare la partita, sono arrivate due azioni manovrate e due conclusioni di un positivo Forte (di testa e di piede) hanno costretto Provedel a parate da applauso. Sulla seconda di queste, è scaturito il corner, con una doppia deviazione Mustacchio-Mancini che ha permesso al difensore di segnare il suo primo gol in serie B. Il finale di tempo è stato in discesa, coi grifoni che ancora con Mancini e Mustacchio avrebbe potuto fare di nuovo male e chiudere il match. La ripresa, che avrebbe potuto consentire al Perugia di difendersi alto e provare a chiuderla, invece si è subito messa in salita per i perugini. La Pro, che con i cambi alla fine praticamente giocava con quatto punte, ha buttato avanti palle su palle, alla ricerca di mischie e episodi in area. E anche di provocazioni per alimentare la richiesta di gialli, punizioni e vantaggi. L’uscita di Belmonte e l’ingresso di Dossena, con i due centrali giovanissimi a reggere dietro, ha sembrato connotare l’incontro come una partita segnata. Ma i grifoni, con gli artigli, hanno difeso, tenuto il campo e lottato su un terreno ridotto e duro, formalmente da regolamento, ma oltre il limite della opportunità per il gioco del calcio a certi livelli. Poche le volte che il Perugia ha superato la metà campo: su una di queste Forte ha gestito male un filtrante in area, ma va detto che l’apporto tattico dell’attaccante è stato importante, perché si è sacrificato per la fase difensiva e ha cercato di tener su la squadra per quanto possibile. L’assedio della Pro e un atteggiamento arbitrale sconcertante per la sua incapacità di capire e tenere in mano la partita hanno fatto vacillare il Perugia, che però ha avuto il merito di mettersi in trincea e resistere. Ora, aspettando i risultati di Frosinone e Verona per vedere se la linea rossa dei play off si avvicinerá o resterà come è, c’è da preparare l’anticipo di venerdì con lo Spezia. Partita difficile di per sé, ora ancor più complicata per le tante assenze che il Perugia dovrà subire. Brighi, Dezi e Di Chiara squalificati, Belmonte non recuperabile dall’infortunio di oggi e un’infermeria già piena che, si spera, possa restituire a Bucchi qualche uomo. Il centrocampo sarà tutto da inventare, in difesa quelli scesi in campo oggi sono tutti candidati a risiedere in campo. Perché non c’è tempo per calcoli e dosaggi, la battaglia finale è appena cominciata.

Daniele Orlandi Agenzia Stampa Italia


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