Goretti1(UNWEB) Perugia calcio. Intervista a Roberto Goretti, dt Perugia: “Il Perugia è una società solida. Il gruppo deve diventare squadra e Cosmi è il tecnico giusto”

Cosa fa Roberto Goretti al tempo del corona virus?

Dopo i primi giorni in cui avevo staccato per dedicarmi tutto ai figli e alla famiglia, come da anni non riusciva a fare perché non capitava di poter stare a casa tanto a lungo, ora, da 10-15 giorni, ho ripreso a lavorare. Studio, leggo, mi documento, anche su altre realtà. Metto da parte informazioni che poi potrò rielaborare più avanti, quando l’attività riprenderà.

Ci sono i rischi paventati anche da Santopadre che il blocco possa mettere fuori casa alcune società di calcio? E il Perugia come sta messo?

Non ho il polso della situazione economica complessiva. Sicuramente ci saranno alcune società che accuseranno di più le difficoltà e altre che le sentiranno meno. Per quanto concerne il Perugia, mi sento di poter dire che da anni è una società virtuosa. Il merito del presidente Santopadre è stato quello di trasformare il Perugia, in tutti questi anni, da una società di calcio in una vera e propria azienda che a fine stagione non può avere i conti in rosso. Grazie a questa virtuosità il Perugia a mio avviso è in grado di tamponare le perdite anche a fronte di questo momento così difficile.

Alla fine di questa emergenza il calcio uscita ridimensionato nei suoi numeri?

È difficile prevederlo, perché il calcio, soprattutto con gli esponenti  delle società maggiori, sta adesso cercando di mettere in sicurezza questa stagione, ma bisognerà vedere cosa potrà accadere nella prossima.

Dunque, c’e  il rischio che se si faranno mosse forzate adesso esse potranno ripercuotersi negativamente sul futuro prossimo, rendendo la stagione successiva  ancora più anomala.

Tutto è in divenire, ma senza dubbio tutte le componenti dovranno essere capaci di dar prova di un elevato senso di responsabilità. Tutte insieme, con buon senso, evitando decisioni unilaterali. Gli interessi di parte dovranno essere in grado di fare tutti un passo indietro rispetto  alla  salvaguardia  dell’interesse complessivo del sistema. Sono tutti chiamati in causa: le società, i calciatori, ma anche lo stesso governo. Perché le prime dichiarazioni un po’ populiste di alcuni ministri nei primi giorni della crisi, possono aver attirato un consenso facile, ma  che non si regge nella realtà. Hanno parlato del calcio, a mio avviso, con troppa leggerezza. Poi qualcuno ha ricordato loro che il calcio apporta alle casse dello stato in termini di gettito fiscale 1/1,5 miliardi l’anno e ora, per fortuna, il loro atteggiamento è cambiato. Anche perché il calcio in Italia ha un valore sociale rilevante, è un pezzo importante della società.

Il discorso vale anche, in particolare, per l’ipotesi di taglio degli stipendi ai calciatori?

Si, certamente, il buon senso dovrebbe suggerire che è inutile che il rappresentante dei calciatori faccia una dichiarazione al giorno, o che ogni presidente delle società dica la sua. Così si genera solo confusione. Ci vorrebbe una linea definita e  meno calibrata sugli interessi di parte.

Ogni crisi rappresenta anche un’opportunità, e anche tu starai valutando come potrebbe cambiare il tuo lavoro. In questi anni tu e il Perugia siete stati abili a fare squadre competitive con budgets inferiori a quelli delle altre società. In una situazione di ristrettezze per tutti, il Perugia potrebbe essere avvantaggiato da questa vostra capacità? 

Il nostro lavoro è stato sempre quello di cercare opportunità non solo in serie C, ma anche all’estero e nelle squadre primavera, secondo le circostanze. Questa strategia mutevole, non sempre compresa dall’esterno, ci ha consentito nel tempo una resa ottimale in termini di rapporto tra risorse finanziarie e risultati tecnici. Lavorare a Perugia vuol dire lavorare in una città e in una società  importanti per il calcio italiano. Ogni anno abbiamo un monte ingaggi tra il decimo e il quindicesimo della cadetteria ma riusciamo a giocarcela con le prime. Questa è la sfida intrigante del mio lavoro, vinta mi pare con continuità in questi anni. Anche la prossima stagione partiremo alla pari con tutti gli altri e ci saranno sempre società che spendono di più e società che spendono di meno. Come sempre, ci saranno quelli che trovano la strada giusta. Forse ci saranno società più predisposte a cedere giocatori o ad avere partecipazioni su giocatori con società di categorie inferiori.

Quante possibilità ci sono che la stagione possa essere portata a termine?

Noi stiamo lavorando in funzione della ripresa è ci faremo trovare pronti se e quando sarà. Anche perché ci sono tanti argomenti che convergono per finire la stagione ed evitare code giudiziarie o perdite economiche considerevoli.

Se si riprende, il Perugia che aveva dato segni di ripresa, come ne uscirà? 

Non si può dire, ma credo che anzitutto dovremo prendere atto di quello che è successo in questa parte di stagione, cercando di capirlo e valutarlo da persone mature. Siamo partiti con un idea che abbiamo visto modificarsi dopo la prima sconfitta a Empoli. Poi siamo entrati in un periodo di alti e bassi, fino al cambio del tecnico. L’arrivo di Cosmi ha portato all’inizio un’ondata positiva, ma poi siamo ricaduti nei problemi interni. Le cinque sconfitte hanno creato una situazione molto pesante e complessa, un terremoto sportivo, ma Serse è stato bravo nelle ultime settimane a rimettere la squadra e l’ambiente interno sui binari voluti da lui. Lo ha fatto anche rischiando, con l’intervista del dopo Frosinone, ma riuscendo a rimettere insieme  come voleva lui i cocci del vaso rotto. E quando gli effetti positivi di quel percorso si stavano vedendo, è arrivata l’interruzione del campionato. A mio avviso, la sosta può solo consolidare le cose buone che si erano cominciate a vedere.

E la sosta permetterà di recuperare anche  gli infortunati.

Certamente si, per loro è stata un bene sul piano individuale. A livello di squadra vedremo.

E dove può arrivare il Perugia?

Non riesco a prevedere nulla. Nella testa mi rimangono le cinque sconfitte, peraltro, a parte quella con lo Spezia, nemmeno meritate per quello che si era visto in campo. Credo che il Perugia avesse ottime potenzialità, ma la rosa deve diventare prima un gruppo e poi una squadra, altrimenti le potenzialità non servono. E non c’è stata la sensazione che il Perugia avesse maturato questo processo. Sotto quell’aspetto, che io ritengo fondamentale e primario da raggiungere,  abbiamo mantenuto la fiducia in Cosmi, perché aveva iniziato un lavoro positivo per cementare l’identità di gruppo.

Cosmi è l’allenatore del Perugia anche in prospettiva, per assicurare continuità ad un progetto tecnico?

Cosmi non è arrivato perché c’era una necessità di classifica ma perché, a mio avviso, serviva un cambiamento dal punto di vista della mentalità e del modo di fare e gestire il ogruppo. E insieme al Presidente abbiamo ritenuto, e tuttora pensiamo, che Cosmi fosse la persona giusta per questo aspetto fondamentale dell’approccio mentale. Perché  il Perugia ha fatto sempre bene a livello societario e di risultati sportivi ma, secondo me, è sempre mancato qualcosa a livello di mentalità.

Cosmi e Santopadre, come è il loro rapporto?

Vanno molto d’accordo, la pensano in gran parte allo stesso modo sulla maggior parte delle cose.

Dal punto di vista del gruppo,  un ruolo dovrebbero svolgerlo anche i giocatori più esperti, quelli che si definiscono i leader

Ho sempre parlato molto coi calciatori, ho cercato sempre di responsabilizzarli, perché credo che in un gruppo è fondamentale che ci siano sette/otto calciatori più esperti con un livello di partecipazione anche al di fuori della partita e degli allenamenti. Mi ricordo un’intervista di Michele Nappi, credo  dell’anno scorso, nella quale disse che nel Perugia non vedeva cinque sei giocatori che dessero oltre il 100% fuori del campo, oltre che nel rettangolo di gioco. E anche in questa stagione ogni tanto ho ripensato a quelle frasi.

Questo ruolo avrebbe potuto svolgerlo Angella che però a causa degli infortuni è stato fuori Perugia parecchio tempo per andarsi a curare

Gabriele è un ragazzo in gamba e avrebbe potuto essere un  importante elemento di coagulo del gruppo se gli infortuni non glielo avessero impedito.

La rosa del Perugia è molto ampia. Potrebbe essere un vantaggio se si riprendesse a giocare a giugno e luglio con il caldo?

Io credo che abbiamo molti giocatori più o meno dello stesso livello, anche se con età differente. Forse abbiamo una rosa troppo ampia e credo che gli aspetti negativi di questa ampiezza siano maggiori dei benefici. Il vantaggio con il caldo è solo sulla carta perché conta molto di più l’atteggiamento. Se guardiamo a tornei come il mondiale che si gioca in un mese, alla fine si vede che le squadre che vincono cambiano poco e fanno giocare bene o male sempre gli stessi.

La rosa del Perugia a inizio stagione era considerata da primi posti. Cosa è mancato?

Anche quando andavamo bene all’inizio io non ero soddisfatto dal punto di vista della coesione di squadra, le buone individualità non erano ancora una squadra. Però credo che dopo la prima sconfitta di Empoli si sia un po’ persa l’idea iniziale, che c’era, e questo è il grande rammarico della stagione.

Il turn over  ha inciso?

No, non é questo il punto, anche se io non sono tanto favorevole al turn over, perché penso che ci dovrebbe essere un blocco di calciatori che gioca, che è il nucleo forte di una squadra. Ma poi queste sono scelte che spettano all’allenatore e quando parlo di idea di squadra mi riferisco a qualcosa di più alto che non la scelta o il cambio di un giocatore. Per un allenatore è fondamentale avere un’idea forte e autorevole, una filosofia cui ispirare il gruppo e crederci, in campo e fuori. Questo è un aspetto fondamentale in qualsiasi gruppo perché le cose vadano bene. Se ce l’ha e riesce a trasmetterla, la può aggiornare, ma non la deve mai abbandonare. In serie b questo aspetto può fare davvero la differenza.

 

Vicario te lo aspettavi così forte?

Vicario è un ragazzo in gamba. È uno di quei giocatori che possono formare il nocciolo duro, di cinque sei giocatori, di una squadra, perché ha personalità, ha spessore umano, oltre che tecnico per essere un giocatore importante.

La difesa che hai costruito nel tempo è costituita da giocatori tutti di proprietà. Come spieghi questa strategia?

Fin da quando siamo ripartiti da zero, il primo anno di serie B, con Volta, Del Prete, Belmonte e Rosati, la volontà era di creare un gruppo a partire dal blocco della difesa e da un paio di centrocampisti, perché questo è il modello seguito da gran parte delle squadre che hanno ottenuto risultati, anche a livello internazionale. Poi il blocco della difesa poteva ovviamente essere integrato o parzialmente sostituto in base all’andamento delle cose, ma da lì si è pensato di partire.

Daniele Orlandi-Agenzia Stampa Italia


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