(ASI) Perugia. Si è inserita nella «vivacità culturale» vissuta nei giorni scorsi dalla città di Perugia, in primis nell'ospitare il Festival Internazionale del Giornalismo, la presentazione del libro del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti dal titolo "La gioia della carità", tenutasi nel pomeriggio del 19 aprile in una gremita chiesa di Santa Teresa degli Scalzi. Un'ampia recensione è consultabile nel "primo piano" del sito www.chiesainumbria.it.
Relatori sono stati padre Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità di Bose, e il giornalista Gian Guido Vecchi, vaticanista del «Corriere della Sera», e moderatore è stato mons. Elio Bromuri, direttore del settimanale «La Voce».
L'incontro, che ha visto anche la presenza di diversi rappresentanti delle Istituzioni civili e religiose e del mondo della cultura dell'Umbria, è iniziato con un minuto di raccoglimento per le centinaia di vittime del Mediterraneo della notte precedente; raccoglimento chiesto dal cardinale Bassetti nel lanciare l'appello anche da Perugia, città multietnica e multiculturale, a non essere indifferenti verso questa ennesima immane tragedia.
Mons. Bromuri, nell'introdurre la presentazione, si è soffermato sulla «carità intrisa di gioia» colta nella varietà degli scritti contenuti nel libro, «pezzi di vita spirituale di un pastore in mezzo al suo gregge». E «il cuore di tutto il volume – ha commentato il direttore de La Voce – è il capitolo terzo "radicati nella gioia e nella carità"». Un'azione concreta della carità, ha ricordato mons. Bromuri, emerge quando il cardinale Bassetti, nei suoi scritti, richiama i fedeli a seguire gli esempi di tanti buoni samaritani come il Servo di Dio Vittorio Trancanelli e quanti, in silenzio, nelle opere segno di accoglienza della Caritas, condividono le sofferenze e le speranze di tante persone in difficoltà ed emarginate.
Padre Enzo Bianchi, in sintesi, ha parlato di un libro che raccoglie soprattutto gli scritti di venti anni di episcopato di Gualtiero Bassetti, un vescovo che conosce molto bene la "regola pastorale". I suoi scritti non sono teologici, perché la teologia va insegnata nelle università. I pastori stanno in mezzo al loro gregge e il cardinale Bassetti è uno di questi, figlio del Concilio Vaticano II e in tutti i suoi scritti si colgono le indicazioni conciliari della Chiesa di inizio terzo millennio. Non si stanca di ribadire il concetto evangelico che "c'è più gioia nel dare che nel ricevere" ed è consapevole che nell'essere pastore si prova quella gioia che il Signore dona al pastore stesso. Ma il priore di Bose non ha trascurato nemmeno la Chiesa che ha generato come presbitero Gualtiero Bassetti, quella fiorentina. Una Chiesa profetica, che ha sofferto molto e che nel secolo scorso ha avuto persone molto particolari, santi nella vita, e tutti loro sono menzionati nel libro. Figure sia religiose (es. padre Balducci) che laiche (es. La Pira), che hanno contribuito alla vivacità della Chiesa fiorentina. «In questa Chiesa – ha detto padre Enzo Bianchi – c'è la radice di pastore del cardinale Bassetti, nella quale si è esercitato nella pastoralità».
Anche il giornalista Vecchi, partendo da Bassetti pastore, ha sostenuto, in sintesi, che nel libro la «prima cosa che colpisce è l'affinità con papa Francesco», che nel caso dell'arcivescovo di Perugia è «un'affinità di lunga data, risalente a prima dell'elezione di Bergoglio a Pontefice». Il Papa venuto dalla fine del mondo esorta i vescovi ad avere l'«odore delle pecore» e il pastore Bassetti è pregno di quest'odore da tempo e tutta la sua azione pastorale è per «una Chiesa che non si chiude a fortino, ma che esce, va nelle periferie ed è questo un po' il cuore del libro». E' un libro di pastore, perché si leggono e si comprendono i temi del Vangelo attraverso i discorsi del vescovo, ad iniziare di «come andare verso l'uomo ferito», perché bisogna comprendere che la Chiesa «non è una dogana e i cristiani non sono doganieri», che controllano coloro che vorrebbero entrare.
Il cardinale Bassetti ha preso la parola al termine degli interventi di presentazione per ringraziare quanti hanno contribuito alla realizzazione del libro, dicendo che «la parte più bella è la copertina e il titolo». La prima è la riproduzione dell'affresco giottesco che ritrae san Francesco mentre dona il suo mantello ad un cavaliere impoverito. Il secondo rappresenta il «comune denominatore» dei numerosi e significativi scritti raccolti nella pubblicazione, il cui ricavato della vendita il cardinale ha voluto devolverlo al "Fondo di solidarietà della Chiese umbre" a favore delle famiglie in difficoltà a causa della crisi.
Nel libro, come ha sottolineato lo stesso porporato, c'è la sintesi della sua vita di presbitero e pastore originatasi nella periferia, segnata da un'infanzia tristissima e con una povertà estrema causata non poco dal passaggio del fronte bellico. «Se in quei difficili momenti non si fosse condiviso quel poco che si aveva, cioè nel metterlo a disposizione dell'intera comunità – ha evidenziato il cardinale – nessuno avrebbe avuto un futuro. Si è messo in pratica l'insegnamento evangelico della "moltiplicazione dei pani e dei pesci"». E non è un caso che Gualtiero Bassetti, una volta nominato vescovo, ha scelto come motto episcopale "In charitate fundati" (fondati nella carità), che richiama il significativo passo della Lettera agli Efesini di san Paolo (Ef 3, 17-19).