Uno studio Confcommercio conferma il trend negativo del commercio. Rilancio e riqualificazione rimangono la priorita’
(UMWEB) Nella geografia dei centri storici, e nella valutazione del loro stato di salute, un elemento essenziale di valutazione, insieme ai residenti, è la presenza delle imprese.
L’Ufficio Studi Confcommercio nazionale, con il contributo di Si.Camera (Agenzia delle Camere di commercio), ha realizzato una analisi sulla demografia d’impresa di 120 comuni, di cui 110 capoluoghi di provincia, tra cui Perugia e Terni, e 10 comuni non capoluoghi, per monitorare nel tempo l'andamento degli esercizi commerciali e di altre attività e cogliere i cambiamenti in atto.
Sulla base dell’analisi degli esercizi al dettaglio di 13 categorie merceologiche (tra cui alimentari, rivendite tabacchi, farmacie, carburanti, computer, telefonia, libri, giocattoli, tessili, abbigliamento, ferramenta, mobili, commercio ambulante), degli alberghi e delle attività di ristorazione, nel periodo 2008-2018, i centri storici dei due capoluoghi evidenziano una sensibile contrazione delle imprese.
Nel centro storico di Perugia continua il trend particolarmente negativo per le attività commerciali: da 420 esercizi del 2008 si è passati a 298 nel 2016 e 290 del 2018.
Molto migliore lo stato di salute del settore alberghi, bar e ristoranti: 255 nel 2008, 216 nel 2016, 218 nel 2018.
Per quanto riguarda invece il territorio fuori dal centro storico, a Perugia il comparto ricettività-pubblici esercizi fa registrare un significativo aumento negli ultimi 10 anni (509 imprese nel 2008, 587 nel 2018, spicca il + 77 unità di bar e ristoranti). Saldo negativo invece per il commercio, ma in termini molto contenuti (1221 unità nel 2008, 1206 nel 2018).
Nel centro storico di Terni il commercio è in minor sofferenza rispetto a Perugia: 378 gli esercizi nel 2008, 364 nel 2016, 339 nel 2018. Al di fuori del centro storico, nel decennio considerato si sono perse oltre 100 imprese (964 nel 2008, 848 nel 2018).
Anche nel ternano decisamente più in salute – almeno a vedere i numeri – il comparto alberghi, bar, ristoranti: la situazione è pressoché stabile nell’ultimo decennio nel centro storico (143 imprese nel 2008, 140 nel 2018) e in leggera crescita fuori dal centro storico (315 imprese nel 2008, 338 nel 2018).
A livello di merceologie, crescono i negozi di tecnologia, le farmacie, i negozi di computer e telefonia, calano invece i negozi tradizionali e gli impianti di carburante
L’indagine Confcommercio evidenzia come la situazione di sofferenza dei centri storici e di depauperamento imprenditoriale che vivono i capoluoghi umbri, a parte alcune eccezioni virtuose, sia generalizzata a livello nazionale.
I centri storici analizzati perdono il 13% dei negozi in sede fissa nel periodo 2008-18. Rispetto alle periferie il divario è di circa il 3%.
Politiche di rilancio e potenziamento si impongono dunque in maniera generalizzata.
“Questa analisi – sottolinea Confcommercio - mette in luce come le nostre città appaiono indebolite da una serie concomitante di fattori: la contrazione dei consumi reali; le proprie problematiche specifiche, pensiamo al problema accessibilità; le grandi modificazioni in atto, ad esempio e.commerce e digitalizzazione. Il 70-80% della riduzione dei negozi dei centri storici è infatti dovuto a razionalizzazione e scelte relative a scarsa redditività e competizione con e-commerce, centri commerciali, parchi e outlet.
Commercio e turismo rimangono peraltro strategici per riqualificare i centri urbani e scongiurare il rischio di desertificazione commerciale. Per la nostra organizzazione, la rivitalizzazione dei centri storici è da sempre un impegno ed obiettivo prioritari. Ne è esempio il protocollo d’intesa sottoscritto nel 2015 con l’Anci Umbria, per far rinascere le città e le aree urbane della regione, e il lavoro sui CCN, progetto che non ha dato, per molte ragioni, i risultati attesi. Abbiamo molto premuto anche perché nella realizzazione dell’Agenda urbana regionale i Comuni riconoscessero alle imprese del terziario, oltre a quella economica, la funzione insostituibile di integrazione sociale e di servizio alla comunità.
Governare la complessità urbana richiede uno sforzo collettivo e investimenti mirati a favore di nuove politiche e modelli di sviluppo che, proprio a partire dalle città, possono beneficiare di una fertile contaminazione tra scienza e tecnologia, cultura, innovazione e creatività.
La conservazione degli usi dei centri storici e il contrasto alla riduzione del commercio al dettaglio in sede fissa e dei servizi passano anche per la capacità delle singole imprese di dotarsi di nuovi strumenti e competenze, accrescendo la necessaria integrazione tra mondo fisico e digitale per la realizzazione di città smart in cui vivere meglio.
Le città sono i luoghi del futuro – conclude Confcommercio - e ciò rappresenta una sfida per tutti coloro che vi operano. Un terziario innovativo in grado di rafforzare i settori del commercio e del turismo in un contesto urbano sempre più caratterizzato dall'economia dei servizi, consente di trasformare le città in
luoghi di ideazione di nuovi prodotti e servizi e non solo di consumo. Città più belle e attrattive danno sicurezza e fiducia e costituiscono un grande valore sociale ed economico per i nostri territori”.