expo 2015(ASI) Continua il conto alla rovescia per l'inaugurazione di Expo 2015. Non è solo Milano, cuore della manifestazione, a prepararsi freneticamente all'evento, ma anche le tante altre province e regioni d'Italia, che potranno sfruttare la manifestazione meneghina per valorizzare agli occhi del mondo le rispettive eccellenze industriali e il grande patrimonio storico e culturale, che caratterizza il nostro Paese all'estero. Abbiamo incontrato Andrea Fais, direttore della rivista "Scenari Internazionali", per sapere la sua sull'Umbria.

Alla fine dell'anno scorso la redazione della rivista che dirigi, Scenari Internazionali, ha organizzato, con l'ausilio delle istituzioni locali, una conferenza nella sede comunale ternana di Palazzo Spada. Si è parlato di cooperazione bilaterale con la Cina, anche in relazione alle difficoltà che sta attraversando il polo siderurgico locale. Quali prospettive?
Le prospettive sono ottime. L'Umbria ha già avviato da qualche anno un percorso di cooperazione attraverso i rapporti tra la Regione, l'Università per Stranieri di Perugia e la Fondazione Italia-Cina. Dal punto di vista economico ci sono diverse aziende umbre che hanno cominciato ad investire in Cina. Purtroppo, però, poco si può dire del contrario. La nostra regione è ricca di risorse umane, industriali e culturali, malgrado le sue ristrette dimensioni geografiche. Occupa una posizione strategica nel cuore della Penisola e potrebbe essere uno snodo viario e commerciale importantissimo, se solo godesse di una moderna rete infrastrutturale e logistica. E' per questo che ho ritenuto importante coinvolgere l'Ambasciata Cinese durante quella conferenza. La recente operazione condotta da ChemChina su Pirelli dimostra, alla luce dei termini dell'accordo, che la Cina ha grande interesse a investire in Italia e che lo sta facendo in modo cooperativo e non predatorio. Purtroppo, a differenza della Lombardia, l'Umbria resta una regione molto chiusa, "provinciale" e retta da una logica obsoleta.

Cosa intendi nello specifico?
In Umbria, l'apparato istituzionale è ancora preda di una classe dirigente post-piccista, che non ha mai maturato né una mentalità di governo socialista, come avvenuto in Cina, né una mentalità liberista, come avvenuto in Occidente. La leadership del PCI ha sempre sfruttato una duplice condizione segnata da un ruolo di opposizione a livello nazionale e da un ruolo amministrativo sul piano regionale, deresponsabilizzandone i leader ed allargando sprechi e assistenzialismo. Al di là delle macroscopiche differenze politico-culturali tra la storia del PCI e quella del Partito Comunista Cinese, il primo è diventato col tempo il riferimento di un ceto medio legato al mondo del pubblico impiego e dell'associazionismo umanitario, mentre il secondo ha intrapreso un percorso di riforma che ne ha arricchito e migliorato la governance in un contesto economico socialista di mercato, includendo così criteri di qualità e meritocrazia. Oggi l'Umbria soffre la presenza dei residui di questa classe dirigente, che sembra non avere alcuna intenzione di espandere gli spazi di reciproca comprensione e di connettività, come indicati durante il vertice preparatorio dell'ASEM svoltosi a Shanghai nel luglio dell'anno scorso.

L'Umbria dunque è pronta per EXPO?
Dipende da cosa si intende per Umbria. Se parliamo della PMI locale, ci sono tante eccellenze che possono essere valorizzate a Milano, non solo davanti al milione e mezzo di cinesi attesi in visita nel nostro Paese a partire dal prossimo 31 maggio, ma anche agli altri 23 milioni di investitori provenienti dal resto del mondo. Se invece parliamo della regione nel suo insieme, allora no. Non ci sono trasporti comodi e funzionali. Perugia, il capoluogo, è del tutto fuori dalle tratte dell'alta velocità. Per raggiungerla da Milano ci vogliono cinque ore e mezzo, da Roma due ore e mezzo. Non parliamo poi dei principali centri turistici della regione, come Assisi, Città della Pieve, Todi, Spoleto, Gubbio o Castiglione del Lago, relegati alle coincidenze del trasporto regionale. D'altronde, quando si ritiene possibile fondare un'economia moderna sul pubblico impiego gonfiato, sulle municipalizzate, sulle Coop e sui circoli Arci, questi sono i risultati. Senza un radicale cambiamento di rotta, le potenzialità della nostra regione saranno destinate a restare inespresse.

Ettore Bertolini - Agenzia Stampa Italia


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