Speciale A.S.I. Economia a cura del Dottor Maurizio Berruti
Che cosa è il Valore Aggiunto
In primis va ricordata la definizione di “valore aggiunto” [1]
“ Il valore aggiunto (anche abbreviato VA) in economia è la misura dell'incremento di valore che si verifica nell'ambito della produzione e distribuzione di beni e servizi finali grazie all'intervento dei fattori produttivi (capitale e lavoro) a partire da beni e risorse primarie iniziali.”
Allora l'impresa acquista beni e servizi che sono necessari a produrre altri beni e servizi: la differenza tra il valore finale dei beni/servizi prodotti e il valore dei beni/servizi acquistati ed impiegati nel processo produttivo è appunto il valore aggiunto il quale misura l'incremento lordo ottenuto con il processo di trasformazione delle materie prime iniziali in prodotto finale.
A questo punto risulterà opportuno facilitare la comprensione, ai non addetti ai lavori, ricorrendo ad una figura nella quale viene illustrato il modello di Conto Economico a V.A. secondo il format previsto dalla CE-BI (centrale dei bilanci) [2], universalmente impiegato da tutto il sistema bancario.
Con questa metodologia il documento viene suddiviso in 5 aree come se l’azienda svolgesse una funzione equiparabile ad una holding di 5 aziende diverse che sono, nell’ordine:
figura n.1
Si ricorderà che Basilea 3 (come in precedenza Basilea 2), pone particolare attenzione più che alla quantità alla qualità dei ricavi, cioè al livello del margine di contribuzione raggiunto e sul mantenimento dello stesso, nel tempo.
Questo tipo di analisi si puo' ottenere solo attraverso il confronto di due anni consecutivi e, quindi, prende in considerazione il Delta Fatturato ed il Delta V.A. Quando
D Valore Aggiunto > D Fatturato
l'azienda è stata in grado di migliorare il proprio margine di contribuzione accrescendo la qualità dei ricavi. Infatti, essendo il V.A. un incremento di valore ottenuto nella produzione, risulterà ovvio che lo stesso dovrebbe per, lo meno, muoversi nella stessa misura del fatturato. Se ad esempio lo stesso si è incrementato di 5%, rispetto al precedente esercizio, altrettanto dovrebbe aumentare il V.A. perché, in difetto, sta indicare che la marginalità si è ridotta ridotta.
Proseguendo nella disamina dell’argomento si illustra il modello di C.E.a V.A. con i valori esposti per migliaia di euro, ai fini di facilitarne la lettura.
Figura n.2
Si richiama l’attenzione sulle annotazioni a latere e cioè che l’analisi della perizia del management si attesta al livello del MON, in quanto le successive poste riguardano tutto ciò che non direttamente attinente al “core business” dell’azienda. Anche se, come evidenziato è necessaria una ulteriore attenzione sul peso degli oneri finanziari e, ovviamente, sul livello del reddito.
Tutto ciò premesso, nella figura seguente, si potrà spiegare:
figura n.3
In merito, poi, ad una valutazione della congruità o meno del livello del reddito si fa riferimento al tasso:
- • di rendimento di forme alternative di investimento nel M/L termine; in Italia si usa prendere come base di calcolo la performance media dei titoli di Stato;
- • di riferimento per settori giudicati normali ed esposti al netto dell'inflazione, secondo una specifica tabella adottata nella pratica europea.
Quindi risulta essenziale riutilizzare una valutazione qualitativa “tradizionale” (il valore aggiunto), nonostante si sia entrati in un’era caratterizzata dalla spasmodica ricerca di analisi trascendentali, per valutare le performances aziendali. Tra l’altro questa metodologia può definirsi trasversale, in quanto applicabile a qualsiasi tipologia d’impresa (manifatturiero, commerciale. servizi).
Ovviamente il valore aggiunto verrà ad essere enfatizzato anche:
- dall’aver primariamente raggiunto un’adeguata capacità finanziaria che consente la sopravvivenza stessa dell’azienda, specialmente nell’epoca attuale caratterizzata da una forte turbolenza finanziaria;
- dall’attenzione alla creazione di specifiche competenze, nelle risorse umane presenti in azienda, che siano in grado di generare un valore aggiunto. Quindi è richiesta una particolare attenzione da parte del management, il cui compito è quello di supportare l’imprenditore; mentre quest’ultimo è tutto preso dalla frenesia di fare fatturato, il primo invece deve attenzionarsi sul livello del margine di contribuzione (appunto non sulla quantità dei ricavi vendite ma sulla qualità).
In punto si rende necessario un richiamo al nuovo art. 2086 c.c. dopo il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 14/2019),vigente dal: 16/03/2019.
Il Testo precedente recitava:
L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.
Nel nuovo Testo modificato è stato aggiunto:
« L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, il che vuol dire predisporre un adeguato organigramma e ripartizione di risorse umani e materiali dell’azienda, dovere già in parte analizzato nell’art. 2204 del codice civile comma 16 che può essere definito “giudizio di adeguatezza sull’organigramma gestionale d’impresa”.
anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, per cui le risorse umane devono rispondere funzionalmente anche alla rilevazione tempestiva di un’eventuale crisi d’impresa o ad una possibile perdita di continuità nell’esercizio dell’azienda.
nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale»” .
Infatti solo gli organi interni dell’area amministrativa sono in grado di verificare, per tempo, l’andamento economico/finanziario e patrimoniale dell’impresa e, quindi, di prendere le più opportune ed immediate decisioni (modifiche al piano industriale e/o all’organigramma aziendale), al fine di invertire l’eventuale andamento negativo del business.
Per inciso le sanzioni si traducono sono nella sussistenza o nell’aggravamento delle responsabilità civili e penali degli amministratori e dei componenti degli organi di controllo (sindaci) che non hanno ottemperato a quanto previste dalle norme del Codice della crisi di impresa
Così ci si ricollega anche al successivo punto che afferma:
- si può gestire solo ciò che si può controllare e misurare
Infatti per una visione chiara del proprio “business” è necessario disporre di dati certi e puntuali in modo che, l’imprenditore, possa avere una visione chiara dell’equilibrio aziendale, sia per prevenire eventuali situazioni di difficoltà, sia per mettere a frutto momenti di opportunità; in altri termini avere ben presente che “è meglio prevenire che curare”.
Con l’avvento di Basilea 2 (oggi 3) dal lontano 2002, l’analisi di affidabilità delle PMI, è divenuta particolarmente selettiva e si basa su parametri ben precisi, che valutano l’equilibrio patrimoniale-finanziario e reddituale dell’azienda, richiedendo all’imprenditore una maggior attenzione nella programmazione complessiva.
Come una persona che tenga al proprio stato di salute si controlla periodicamente, attraverso specifiche analisi per verificare che i valori si muovano entro determinati range, lo stesso principio vale per le aziende.
Perciò è fondamentale che l’imprenditore verifichi, a intervalli regolari, l’equilibrio delle varie componenti della propria gestione; quindi, per avere successo, è indispensabile un costante controllo che si attua attraverso attività (analisi) di base [3], ovviamente da sviluppare sotto la guida di un esperto della materia;
- attenzione ai bisogni della clientela, la cui comprensione non può che differenziare dalla concorrenza e creare valore in azienda;
- sviluppare un’elevata capacità di Problem solving, in grado di rispondere con celerità ai predetti bisogni onde evitare l’insoddisfazione che, invece, penalizza il valore aggiunto.
Fra l’altro risulterà utile rapportare il V.A. con altre grandezze quali:
- personale
per ottenere un indicatore c.d. di “efficienza” delle risorse umane, che consente una immediata comparazione con il precedente esercizio e con la media del settore nel quale opera l’azienda; non solo, ma risulterà altresì utile raffrontare tale indice con il costo pro-capite del personale;
- oneri finanziari
calcolarne l’incidenza sul fatturato può essere fuorviante, proprio per la motivazione più volte evidenziata (analisi della qualità invece che della quantità dei ricavi vendite). Ad esempio un’incidenza degli o.f./fatturato che potrebbe apparire modesta, può invece rivelarsi piuttosto onerosa se rapportata al V.A. (si chiama in proposito la figura n.4).
In Italia non vi sono valori di riferimento specifici per misurare se il livello del V.A. sia soddisfacente o non; infatti la suddivisione in macrosettori risulterebbe poco indicativa. Si pensi ad esempio al settore generale dei servizi, nel sottosettore trasporti esiste una notevole diversità fra un azienda che svolge la propria attività esclusivamente via terra ed una altra invece che imbarca i semirimorchi sulle navi. Per questo motivo allora sarà molto utile l’analisi della tabella che segue:
Figura n.4
Se si osservano ad esempio le due maggiori voci di costo si riscontrerà, nel terzo anno, che il peso percentuale:
- del personale sui RV (Ricavi vendite) pari al 26% circa risulterebbe nella norma; ma tale incidenza sul V.A: supera addirittura il 103%;
- degli oneri finanziari sempre sui RV al 3% può considerarsi accettabile, mentre sul V.A. quasi quadruplica e diviene, pertanto, insostenibile.
Da questa rapida analisi si rileva immediatamente che, nell’ipotesi illustrata, il V.A. è inadeguato a causa appunto della enorme forbice fra le incidenze delle due voci di costo, sui RV e sul VA.
Si potrebbero ancora menzionare i c.d. “intangible assets” , tra i quali si annovera il capitale intellettuale dell’impresa, grandezza questa che non appare nella sezione dell’attivo dello Stato Patrimoniale. Anche se di difficile quantificazione sarebbe opportuno invece rilevarlo e calcolarlo specificatamente. A questo proposito verrebbe incontro la Balanced Scorecard (BSC) [4], strumento di supporto nella gestione strategica dell'impresa che permette di tradurre la mission e la strategia dell'impresa in un insieme coerente di misure di performance, facilitandone la misurabilità.
[1] Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
[2] L’archivio elettronico della Centrale dei Bilanci è costituito dai bilanci di circa 40.000 società italiane di capitale operanti in tutti i settori produttivi; i dati disponibili partono dall’esercizio 1981 e vengono aggiornati annualmente.
L’archivio elettronico della Centrale dei Bilanci è costituito dai bilanci di circa 40.000 società italiane di capitale operanti in tutti i settori produttivi; i dati disponibili partono dall’esercizio 1981 e vengono aggiornati annualmente.
Gli altri 20.000 bilanci vengono acquisiti da Cerved Spa, nella quale il sistema bancario detiene una significativa quota di capitale, che provvede alla rilevazione dei dati presenti nei prospetti contabili e rileva come dato extracontabile il numero dipendenti.
La Centrale dei Bilanci ha predisposto cinque specifici schemi di analisi per le diverse tipologie di società:
- • Manifatturiere - industriali, di costruzione, commerciali e di servizi
- • Immobiliari
- • Finanziarie - finanziarie e factoring
- • Leasing
- • Holding
- determinare lo stato di salute attraverso il rating; quali sono i punti di forza e debolezza;
- redigere il Budgeting e, successivamente il Reporting, utilizzando la Business Intelligence;
- verificare il T.A.E.G. (tasso annuo effettivo globale) per conoscere l’effettivo costo del denaro;
- avviare il Controllo di Gestione;
[4] I primi a parlarne furono Robert Kaplan e David Norton in un articolo pubblicato dalla Harvard Business Review nel 1992, in cui gli autori proposero un approccio olistico alla misurazione delle performance aziendali che permettesse il superamento dei limiti della contabilità economico-finanziaria tradizionale.